Assisi, svelato il vero volto di san Francesco
L’affresco di Cimabue ritorna al suo splendore grazie ai lavori di restauro, che sono stati a cura dell’équipe della Tecnireco diretta dal capo restauratore della Basilica di San Francesco prof. Sergio Fusetti. Il progetto conservativo è iniziato a gennaio del 2023, a cinquant’anni dall’ultimo intervento, e ha impiegato un anno di lavoro. La Maestà è la prima opera realizzata da Cimabue all’interno della Basilica, l’opera è situata nella parte destra del transetto della chiesa inferiore della Basilica di San Francesco.
Frate Marco Moroni, OFMConv, custode del Sacro Convento, ha ringraziato quanti hanno contribuito a partecipare, con estrema dedizione e sinergia a riportare in “luce” lo splendore dell’immagine «che non è solo un’opera d’arte, ma è, per noi francescani – dice frate Marco – e per tutti i devoti del Santo, un richiamo dall’alto valore simbolico alla figura e ai valori di san Francesco. Il ritratto di san Francesco, rappresentato in questo capolavoro di Cimabue, ci riporta necessariamente alla sua figura storica che manifesta ancora oggi una straordinaria attualità e continua ad essere fonte di provocazioni profonde per ciascuno di noi, per la Chiesa, per il mondo intero».
Il restauro de La Maestà di Cimabue rientra nel più ampio progetto di interventi di manutenzione e conservazione del patrimonio presente all’interno della Basilica di San Francesco, reso ancora più necessario a seguito degli eventi sismici degli ultimi decenni e per il rischio di eventuali nuovi terremoti. A seguire quest’ultimo lavoro appena completato, nei prossimi giorni inizierà il restauro della Cappella di Santo Stefano, affrescata da Dono Doni e Giacomo Giorgetti.
Elvio Lunghi, professore di Storia dell’arte, durante la conferenza avvenuta nella sala Cimabue, ha dato “lettura” dell’affresco all’affollata sala chiarendo molti aspetti che sfuggono a chi pone lo sguardo sulla totalità dell’opera. Maria è ritratta in trono, seduta come una regina, il bimbo sul grembo, levata in alto da quattro angeli. Francesco, ben identificato con i segni delle stimmate alle mani e ai piedi, con un libro tra le mani, è stato collocato da Cimabue in una posizione quasi nascosta, ma non c’è, evidenzia il professore Lunghi, un ritratto del Santo che lo identifichi meglio di questo, il poverello di Assisi è questo qui. È questo il ritratto di un uomo umile, anzi è il ritratto dell’umiltà, la virtù a cui tutti i frati dovevano conformarsi, come ripete a ogni pagina il libro dei fioretti. Questa è l’immagine che è stata salvata, grazie ad un restauro che la riporta a nuova vita.
In Assisi non troviamo solo affreschi di Cimabue, di Giotto, di Dono Doni, ma percorrendo le strade possiamo incontrare importanti affreschi su facciate di piccole chiese. Infatti, percorrendo via San Francesco, lasciando la Basilica di San Francesco alle spalle, troviamo sopra l’Oratorio dei Pellegrini, piccola cappella che era destinata ad accogliere i pellegrini di passaggio nella Seraphica Civitas nel Cammino verso Santiago di Compostela, un affresco di Matteo da Gualdo.
L’affresco riempiva tutta la parete esterna della piccola cappella del 1468. Questa la descrizione che fece nel 1869 Luigi Carattoli: «Sopra la porta esterna è la parete tutta dipinta a fresco in campo azzurro. Opera di Matteo da Gualdo rappresentante nel centro Cristo seduto circondato da otto angeli. In basso è S. Antonio e S. Giacomo apostolo, sopra le cui teste sono quattro angeli reggenti cartelle. Questo dipinto è circoscritto da una cornice architettonica ben dipinta. Nella sommità della medesima si vedono otto angeli seduti in atto di sonare e di cantare. Questo affresco è nel massimo deperimento, e si dovrebbe prontamente distaccare. Appresso a questo si vedono nella via i resti d’un altro affresco perduto».
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