Assisi e la pace giusta tra Palestina e Israele

Forte iniziativa della società civile italiana a favore di un percorso di pace, nella giustizia, in Terrasanta. In collegamento con Assisi, domenica 29 novembre, testimonianze e interventi dalla Palestina e Israele.
Palestina e Israele (AP Photo/Sebastian Scheiner)

Palestina e Israele ad Assisi. La città di Francesco si conferma un crocevia per capire e guardare il nostro tempo. Domenica 29 novembre ospiterà un evento che va letto in una prospettiva mondiale nella “Giornata internazionale di Solidarietà con il popolo palestinese”, indetta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nell’anniversario dell’approvazione della risoluzione 181 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1947 per la creazione di due stati: Israele e Palestina.

Solo una “pace giusta” potrà, infatti, porre fine al conflitto israelopalestinese in Medio Oriente, ma sono rimasti in pochi a crederci davanti al concentrato di sofferenza e contraddizioni che si condensano in quell’area così decisiva per le sorti dell’umanità.

Ci si chiede cosa cambierà, in sostanza, con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca e del suo nuovo segretario di Stato, Antony Blinken. Intanto dall’Italia, Paese occidentale sul Mediterraneo, arriva, con l’iniziativa di Assisi, un segnale da parte di quella parte della società che non intende restare spettatrice di strategie decise altrove.

Jerusalem (AP Photo/Sebastian Scheiner,

La proposta dei due Stati è, secondo alcuni, superata dal fatto che uno Stato, Israele, esiste dal 1948 per auto proclamazione con il riconoscimento dell’Onu dal 1949 ed è in continua espansione geografica, mentre l’Autorità nazionale palestinese controlla ormai zone frammentate senza continuità territoriale, è riconosciuta dall’Onu dal 2012 ma solo come «Stato non membro con status di Osservatore permanente».

Sono 138 su 193, comunque, i Paesi che hanno riconosciuto lo Stato palestinese entro i confini precedenti la “guerra dei sei giorni” del 1967. L’Italia, si è limitata, finora, a stabilire uno status speciale alla delegazione diplomatica palestinese, ma esiste una proposta del ministro degli esteri del Lussemburgo a favore di un’azione comune dell’Ue verso il riconoscimento dello Stato di Palestina, effettuato finora da 9 Paesi su 27 della Unione europea.  Il nostro Paese, da parte sua, mantiene solidi rapporti diplomatici con Israele dal 1949 ed è intensa la collaborazione in campo commerciale, industriale e militare.

In tale contesto, segnato da antiche ferite e incomprensioni, un segnale importante è arrivato dalla Santa Sede che ha firmato il 26 giugno 2015 “l’Accordo Globale con lo Stato di Palestina” dopo un lungo processo avviato, con il concorso attivo della comunità cattolica palestinese, nell’anno 2000 con l’Accordo Base tra Vaticano e Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp).

Come ha sottolineato, a suo tempo, sull’Osservatore Romano, il professor Vincenzo Buonomo, è importante inquadrare alcuni punti chiave fissati nell’Accordo del 2015: «L’autodeterminazione del popolo palestinese, l’obiettivo della two-State solution (soluzione dei due Stati, ndr), il significato non solo simbolico di Gerusalemme, il suo carattere sacro per ebrei, cristiani e musulmani e il suo universale valore religioso e culturale come tesoro per tutta l’umanità».  Un Accordo, precisa Buonomo, da considerare «dunque, come strumento concorrente all’obiettivo di quella pace “giusta e duratura” che può scaturire solo, come espresso nel preambolo, da un “accordo tra le autorità palestinesi e israeliane”».

Da parte sua Riyā al-Mālikī, ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese, dichiarò, nel discorso ufficiale del 2015, che quell’Accordo «incarna i nostri valori comuni di libertà, dignità, tolleranza, coesistenza e uguaglianza di tutti».

Accordo di Bahrain e Emirati Arabi uniti con Israele 15 09 2020 (Ap Alex Brandon)

I pochi segnali verso l’auspicato accordo di pace tra Israele e Stato palestinese sono ostacolati da iniziative unilaterali come lo spostamento annunciato della capitale israeliana da Tel Aviv a Gerusalemme assieme all’annessione formale dei Territori palestinesi occupati dopo la guerra del 1967. Scelte strategiche del presidente israeliano Netanyahu, sostenute dall’amministrazione Usa di Trump che ha presentato come un gesto di pace, rivolto anche ai palestinesi, gli accordi siglati, finora, da Israele con Emirati Arabi uniti e Bahrein. Accordi considerati, invece, offensivi dai numerosi partiti palestinesi che, in questo caso, come nota Bruno Cantamessa su cittanuova.it, sembrano aver trovato l’occasione per superare i gravi contrasti che li dividono.

Proprio davanti a tale scenario assume un particolare significato il persistere di un forte legame tra la società civile italiana con le realtà palestinesi e israeliane attive, nonostante tutto, nel cercare di costruire rapporti di pace e giustizia dentro un conflitto che si trascina da più di 70 anni. Ed è nel nostro Paese che si promuovono numerosi luoghi di incontro tra chi proviene da quella terra martoriata. È ciò che prova a fare, ad esempio, l’Opera per la gioventù Giorgio La Pira organizzando campi internazionali dove è possibile incontrare l’esperienza di riconciliazione del Parents Circle Families Forum, l’associazione promossa da alcune famiglie che, da entrambe le parti, hanno perso un parente nel corso del lungo conflitto.

In prima fila, poi, nella video conferenza del 29 novembre troviamo le 3 maggiori organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil) che mantengono i rapporti e condividono le medesime istanze sociali con i sindacati israeliani e palestinesi, capaci, tra l’altro, di sperimentare forme di solidarietà reciproca.

Nonostante la pandemia, molte realtà di diversa estrazione cercano, dunque, di rimettere al centro la questione israelopalestinese assieme al contributo di tante personalità internazionali collegate via Internet con la sede dell’incontro che si svolgerà nella sede della Pro Civitate Christiana. «Il riconoscimento dello Stato di Palestina, affermano gli organizzatori, non è contro Israele, ma contro l’occupazione militare, ed è uno strumento indispensabile come alternativa politica alla violenza».

Come ha detto, dopo il suo viaggio in Terrasanta, papa Francesco l’8 giugno 2014, incontrando in Vaticano l’allora presidente israeliano Shimon Peres assieme al presidente palestinese Mahmoud Abbas, «ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza».

Pope Francis, Shimon Peres, Mahmoud Abbas 8 giugno 2014. (AP Photo/Gregorio Borgia)

Parole che sembrano arrivare da un tempo lontano eppure l’appello del papa è sempre più urgente quando invita a considerare il mondo come «un prestito ricevuto dai nostri figli: figli che sono stanchi e sfiniti dai conflitti e desiderosi di raggiungere l’alba della pace; figli che ci chiedono di abbattere i muri dell’inimicizia … troppi di questi figli sono caduti vittime innocenti della guerra e della violenza… la loro memoria infonda in noi il coraggio della pace, la forza di perseverare nel dialogo ad ogni costo, la pazienza di tessere giorno per giorno la trama sempre più robusta di una convivenza rispettosa e pacifica, per la gloria di Dio e il bene di tutti».

L’iniziativa che parte da Assisi il 29 novembre 2020, con il patrocinio del Comune e l’intervento del vescovo Domenico Sorrentino è promossa da: Cgil, Cisl, Uil, Agesci, Acli, Anpi, Arci, Associazione comunità Papa Giovanni XXIII, Assopacepalestina, Legambiente, Libera, Centro internazionale studenti Giorgio La Pira, Fondazione Giorgio La Pira, Fondazione Lelio e Lesli Basso, Pax Christi, Piattaforma ong italiane Mediterraneo e Medio Oriente, Pro Civitate Christiana – Cittadella di Assisi, Rete italiana pace e disarmo.

La conferenza sarà trasmessa in streaming sulla piattaforma Zoom (per poter accedere è obbligatorio registrarsi – gratuitamente – tramite questo link) e sulle pagine Facebook delle organizzazioni promotrici.

 

 

 

 

 

 

 

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