Assisi e la sete di pace del mondo

Molta strada è stata fatta dalla "Giornata di preghiera" indetta trent'anni fa da Giovanni Paolo II nella cittadina umbra, e i tanti partecipanti all'assemblea di oggi lo testimoniano. Parole toccanti del vescovo di Rouen, Dominic Lebrum, in ricordo di padre Jacques Hamel, ucciso da due terroristi al termine della messa
Basilica di san Francesco ad Assisi

L’arcobaleno torna a splendere nel cielo sopra Assisi. Durante la cerimonia di apertura del convegno che celebra il 30esimo anniversario della Giornata di preghiera che Giovanni Paolo II aveva convocato ad Assisi, la moderatrice dell’assemblea ha annunciato che nel cielo minaccioso sopra la città di Francesco, che ha scaricato catinelle d’acqua in vari momenti della giornata, si è stagliato un bellissimo arcobaleno. I mille presenti che affollano il teatro Lyrik scoppiano in un lungo applauso.

 

Non si tratta di un'immagine poetica e nemmeno di irenismo. L’assemblea inaugurale di questo trentennale ha tracciato uno spaccato terribilmente realista di quanto oggi il mondo vive e della sua grande "Sete di pace", come recita il titolo di quest’anno voluto dagli organizzatori: la diocesi di Assisi, le Famiglie francescane e la Comunità di Sant’Egidio. In una sala sempre attentissima nonostante le tre ore esatte di programma, iniziato con l’arrivo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si sono alternati interventi che hanno offerto letture diverse di quanto il mondo vive oggi, a trent’anni di distanza di quel gesto profetico pensato e realizzato coraggiosamente dal papa polacco.

 

Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Trastevere, che ha raccolto l’eredità di quella esperienza e ha fatto sì che non cadesse, come era nei desideri di papa Wojtyla, ha sottolineato come il mondo sia cambiato dal 1986. Dalla polarizzazione in due blocchi, con il costante pericolo di una guerra atomica, si sono vissute fasi diverse per arrivare alla situazione odierna che tutti conosciamo. Il gesto di Giovanni Paolo II esprimeva la capacità di leggere come le religioni possano essere strumenti di pace e, in effetti, a dispetto dei detrattori di quella esperienza, dopo Assisi 1986 sono cadute inimicizie storiche in molte parti del mondo, anche se se ne sono create di nuove. Tuttavia, ricordando il piccolo gruppo profetico di quel freddo autunno di trent’anni fa e dando uno sguardo alle presenze ad Assisi nella giornata di oggi non si può negare che si sia fatta molta strada. «Lo spirito di Assisi ha abitato il mondo – ha affermato Riccardi – e continua a muovere anime, intelligenze verso il grande sogno della pace».

 

Altra lettura di grande respiro è stata quella offerta dal patriarca Bartolomeo, che ha voluto ricordare il suo grande predecessore e maestro Athenagoras. «Lo incontrai da giovane – ricorda Bartolomeo –, era conosciuto per risolvere i conflitti invitando le parti coinvolte a incontrarsi. Diceva loro: “Venite, guardiamoci negli occhi e vediamo cosa abbiamo da dirci”. Aveva ben capito che la pace è qualcosa di personale!». Bartolomeo I ha toccato, come fa da tempo, l’aspetto ambientale, esprimendo innanzi tutto «il lutto del mondo intero» per il terremoto che ha colpito l’Italia centrale. Ha poi indicato la salvaguardia dell’ambiente come uno dei temi del dialogo interreligioso: «Il modo in cui l’uomo si comporta nei confronti del Creato ha un impatto diretto sul modo in cui si comporta verso le altre persone. Qualunque attività ecologica sarà giudicata dalle conseguenze che avrà per la vita dei poveri. Il problema dell’inquinamento è collegato a quello della povertà». Con lo stesso spirito, il patriarca, che lo scorso aprile ha visitato l'isola di Lesbo insieme a papa Francesco, ha richiamato l’attenzione sui profughi: «Abbiamo avuto esempi in cui nel mondo ci si è comportati con esclusione e violenza verso i migranti».

 

Il momento più toccante del pomeriggio è stata l’accorata richiesta di grazia che ha voluto esprimere, in un silenzio sacro, mons. Dominic Lebrum, vescovo di Rouen, che ha iniziato il suo intervento ponendo sul podio davanti alla platea la foto di padre Jacques Hamel, ucciso nel mese di luglio da due terroristi al termine della messa. «La Provvidenza mi conduce ad Assisi qualche settimana dopo l’assassinio di padre Jacques Hamel per mano di due giovani che si proclamano di fede islamica». «Io vorrei chiedere la grazia di continuare il cammino del dialogo – ha confessato in tono solenne mons. Lebrum –, un dialogo che sia più forte e più vero, più interiore». Il riconoscimento del martirio di padre Hamel, auspica l’arcivescovo di Rouen, «non sia una bandiera innalzata per combattere e condannare, ma la gioia di rendere grazie per il dono di un prete che ha donato la sua vita come il Cristo». Il vescovo francese ha pregato davanti ai mille presenti, chiedendo la grazia del saper perdonare, fino ad essere pronti a incontrare in Paradiso gli assassini dell’ISIS. Ha, poi, espresso il desiderio che la santità del padre trucidato dai terroristi non si delinei come una crociata, ma che non escluda nessuno. Per questo è necessaria anche una grazia aggiunta di «dialogo nella verità con i miei fratelli e sorelle musulmani». La visita di numerosi musulmani alle «nostre assemblee domenicali il 31 luglio», ha ricordato l’arcivescovo Lebrun, è stata l’espressione di «una famiglia che si recava a far visita a un’altra famiglia in lutto. Questo è un bene. Noi apparteniamo alla stessa famiglia umana». 

 

Altri interventi, sia come testimonianze di dialogo sia come riflessioni, offerti da un buddhista, da un ebreo e da un musulmano hanno provocato profonde riflessioni. Si è confermata l’idea che il dialogo è una sfida che tutti dobbiamo raccogliere oggi, ingaggiando singoli e comunità, ma anche guardando al futuro con politiche educative adatte. In due occasioni è stato citato un significativo proverbio cinese: «Vuoi cambiare il mondo in un giorno semina cereali, lo vuoi cambiare in un anno pianta alberi, lo vuoi cambiare per il futuro dedicati a educare le giovani generazioni».

 

In attesa della visita di papa Francesco, martedì prossimo, il popolo del dialogo ha invaso Assisi e ha mostrato quanto si sia camminato sulla via aperta dal primo gruppo di leader religiosi che avevano accettato l’invito di Giovanni Paolo II. C’è, comunque, la coscienza che la strada da fare è ancora molta; per questo quell’arcobaleno nel cielo tremendamente carico di nubi dell’Assisi di oggi, è stato il segno che, nonostante tutto, si può e si deve continuare a scommettere sul dialogo.

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