Aspettando Lucia di Lammermoor

L'opera di Donizetti, una sorta di "Giulietta e Romeo" in salsa scozzese, sarà allestita a Roma, al Teatro dell’Opera, dal 31 marzo al 12 aprile. Dirigerà Roberto Abbado e canteranno Marco Caria, Jessica Pratt, Stefano Secco. Da non perdere
Lucia di Lammermoor all'Opera di Roma

La sera del 26 settembre 1835 i napoletani dimenticarono il colera e impazzirono per la nuova opera di Gaetano Donizetti, quella Lucia di Lammermoor, tragedia lirica delle più liriche, su versi di Salvadore Cammarano. Due atti foschi, ispirati al romanzo di Walter Scott del più gotico romanticismo, una sorta di Giulietta e Romeo in salsa scozzese con la ragazza, innamorata di Edgardo, rivale di famiglia, costretta dal fratello a sposare lord Arturo per poi impazzire, uccidere il consorte e morire, così come muore suicida lo sconsolato Edgardo.

Romanticissimo poema di amore e morte tra rovine di castelli, temporali, duetti notturni, fantasmi che salgono da una fonte, ire furibonde (il sestetto “Chi mi frena in tal momento”), amore appassionato a due (“Verranno a te su l’aure”) e lei, la eterea ragazza debole di carattere, che vive solo d’amore, oppressa dal fratello e morta dopo una scena della pazzia (“Ardon gli incensi”) dove sogni, premonizione, nostalgia, dolore si esprimono con  un canto virtuosistico mai fine sé stesso, ma unica implorazione dell’anima: una follia come quelle di Amina e di Elvira, eroine del rivale Bellini, morto pochi mesi prima, dopo il trionfo parigino dei Puritani, a cui l’opera donizettiana s’imparenta, ma anche se ne distingue per il finale tragico, la mancanza di sottintesi pre-risorgimentali, e le si avvicina quanto a canto di un dolore-amore così struggente da far soffrire l’ascoltatore.

Vette del romanticismo assoluto, queste due opere.

Donizetti filma un fratello cattivissimo, cinico, un Egardo avventuroso ed esule, impetuoso, eppure, nel  bellissimo commovente finale, portato all’elegia di “Tu che a Dio spiegasti l’ale”, addio alla terra e nostalgia del cielo su una delle melodie più belle della storia dell’opera (ci proverà Verdi nel finale di Aida, ma il risultato sarà inferiore come bellezza melodica).

Ed insieme un coro preverdiano come preghiera dolente universale (“O qual funesto avvenimento”) ed un’orchestra che predilige le sonorità ombrose e misteriose dei corni, fin dall’inizio, evoca suoni liquidi dell’arpa e incantamenti del flauto nella pazzia di Lucia e nel commiato di Edgardo, lamenti dell’oboe, dolcissimi suoni dei violini e scatenamenti a tutta forza nella tempesta.

Questo capolavoro assoluto di pathos e umanità – che ha visto star come Toti Dal Monte, la Callas, la Caballè, la Sutherland…- verrà dato a Roma, al Teatro dell’Opera dal 31 marzo al 12 aprile in sei recite. Dirigerà Roberto Abbado e canteranno Marco Caria, Jessica Pratt, Stefano Secco.

La regia terrà conto dell’allestimento pensato da Luca Ronconi, piuttosto dark: sarà un gran prova di musica e teatro, considerando che “il maestro” scomparso  il 21 febbraio, mai aveva diretto l’opera che amava. Da non perdere.

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