Aspettando Godot
Era necessario. Era doveroso. Era giusto cambiare cavallo e cavaliere nella corsa per il sindaco di Roma. Una parte del Pd romano coinvolto in mafia capitale, esposto a lotte fratricide, attraversato da una corruzione oramai costume politico, non era degno di continuare ad amministrare la capitale. C’erano tante speranze nel cambiamento. E Virginia Raggi sembrava impersonare la voglia di ricominciare, annullando il passato per proseguire su nuove strade. Il plebiscito popolare aveva suggellato il desiderio di meritarsi qualcosa di meglio per la propria città. Ma l’inesperienza, la mancanza di competenza e di saper valutare persone e problemi hanno fatto emergere che, anche in politica, non si può improvvisare una classe dirigente.
Non vanno bene i professionisti della politica, ma neanche gli improvvisatori sprovveduti. Che manchi una classe politica all’altezza della complessità di Roma è evidente. E la classe politica attuale è solo espressione della generale caduta verticale di contenuti, stile, competenze. Senza far di ogni erba un fascio, perché anche nell’attuale consiglio comunale e nella giunta capitolina ci sono tante persone molto valide e preparate, ma, l’impressione generale è un continuo annaspare nella nebbia, un volare nel buio, senza riuscire a capire se c’è una direzione verso cui orientarsi.
Mutatis mutandis, fatti i debiti mutamenti, è sempre valida la visione di papa Francesco quando parla di riforma della Chiesa. «La riforma − ha detto il 22 dicembre − sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini “rinnovati” e non semplicemente con “nuovi” uomini. Non basta accontentarsi di cambiare il personale, ma occorre portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente. La riforma della Curia non si attua in nessun modo con il cambiamento delle persone – che senz’altro avviene e avverrà – ma con la conversione nelle persone. In realtà, non basta una formazione permanente, occorre anche e soprattutto una conversione e una purificazione permanente. Senza un mutamento di mentalità lo sforzo funzionale risulterebbe vano».
E rinnovamento e pulizia morale: il grido di battaglia di Grillo & Company non collimano con gli scandali Marra (entrambi i fratelli), Scarpellini, Muraro. Grillo stesso, la “grillina” Roberta Lombardi più volte hanno gridato, come profeti nel deserto di Roma, le loro forti perplessità. È chiaro che il Movimento 5 Stelle si gioca molto della propria credibilità nazionale e debba far quadrato attorno alla sua attuale punta di diamante, ma, in parte, non è neanche avvenuto un vero ricambio dei dirigenti comunali (sono rientrati anche alcuni uomini della giunta Alemanno), non assistiamo a nuove proposte innovative, a capacità di governo e di visione e di saper realizzare, sarebbe importante per l’immagine della giunta, qualcuna delle proposte promesse in campagna elettorale.
Accanto alla classe politica dirigente ci vuole la partecipazione dei romani, a partire dai Municipi, anche con forme di collaborazione nella gestione dei beni comuni, con la verifica annuale del patto eletti-elettori. Senza, sembra impossibile un reale cambiamento. Bisogna partire dalle periferie e dalla governance collaborativa delle associazioni e movimenti che già vi operano. Insomma, competenza e partecipazione.
Fatti concreti visibili sarebbero un segno auspicabile che il cambiamento possa, ora, davvero e finalmente, iniziare. Roma se lo meriterebbe. A cominciare da mobilità, strade e pulizia. Contenute nel programma elettorale, spina della quotidianità, sarebbero un piccolo lume di luce sul cammino della città eterna. Sperando di non dover aspettare invano come Godot?