Aspettando Cenerentola
Domani al romano teatro dell’Opera ci sarà la “prima” del celebre "dramma giocoso in due atti” di Gioachino Rossini, che compirà 200 anni il 25 gennaio 2017. Ha quindi 199 anni di ininterrotta giovinezza, perché, insieme al fratello di un anno prima, cioè il Barbiere, non è mai uscita di repertorio. Motivo? La freschezza dell’invenzione musicale, il ritmo gioioso, la presa in giro caricaturale che il venticinquenne Rossini fa di certa società “alta” del suo tempo ed una certa tinta cinerea che la rende unica nella serie dei lavori comici del Pesarese.
La storia è tratta ovviamente dalla favola di Perrault, ma il lato magico non interessa troppo al terrestre Gioachino, che al posto della fata si inventa il precettore del principe don Ramiro e al posto della scarpetta, un braccialetto. Per il resto ci sono le sorellastre, non c’è la matrigna, ma un patrigno cinico e ridicolo, e la povera Angelina, detta Cenerentola, viene strapazzata in casa dalle donne e sogna il principe azzurro. Che arriva davvero, tant’è che la favola finisce nel massimo della gioia, perché il sottotitolo dell’opera recita appunto La bontà in trionfo. Del resto, Rossini raramente fa finire un lavoro in tinte nere, la sua è una visione ottimistica e solare della vita.
Il libretto di Jacopo Ferretti propone situazioni buffe, patetiche e in qualche punto dolenti, ma la musica rossiniana non approfondisce, narra e scivola come un unico arco drammatico dall’inizio melanconico al finale radioso, intervallato da squarci scherzosi e ironici godibilissimi.
L’allestimento romano è affidata ad una regista soprattutto teatrale oggi in auge, cioè Emma Dante, che si sta ultimamente provando con la lirica. Misurarsi con lo spiritello caustico rossiniano è sempre una impresa, ci riuscì molto bene a suo tempo il duo Abbado-Ponnelle che seppe rispettare la musica e la sua anima, senza forzare il testo inutilmente, perché Rossini voleva – e vuole – divertirsi e divertire, ma in modo nuovo (il soggetto lo scelse proprio lui), cioè temperando gli estremi sia del buffo che del patetico. Ha creato così un gioiello di equilibrio, dove il perdono finale vince su qualsiasi ingiustizia.
A Roma dirigerà il giovane argentino “non rossiniano”, come lui stesso ha detto, Alejo Pèrez con ben tre compagnie di canto, le scene sono firmate da Carmine Maringola e i movimenti scenografici da Manuela Lo Sicco. Domani la prima, poi repliche fino al 19 febbraio in alternanza col Barbiere.
Infine, una novità. L’opera verrà trasmessa in diretta in ben 64 sale italiane e pure in Austria, Belgio, Francia, Germania, Spagna e Svizzera. E in differita durante l’anno in Australia, Corea, Giappone ed Usa.