Asia Bibi è libera

La Corte Suprema del Pakistan ha assolto mercoledì la donna cristiana, condannata a morte per blasfemia nel 2010, suscitando la collera dei seguaci di alcune tendenze religiose islamiche, immediatamente scese in piazza. L’invito alla calma del primo ministro

«È stata assolta da tutte le accuse», ha detto il giudice Saqib Nisar mercoledì mattina alle 9.20 locali, aggiungendo che la signora Bibi, in carcere a Multan, stava per essere rilasciata immediatamente. L’avvocato della signora Bibi, Saif-ul-Mulook, ha immediatamente informato la donna, che sembra sia stata effettivamente liberata e che ora sia in un luogo sicuro.

«La giustizia è stata assicurata – ha detto il suo avvocato, musulmano –, è una vittoria per Asia Bibi. Ma il verdetto mostra anche che i poveri, le minoranze e anche le più infime minoranze di una società possono ottenere giustizia in questo Paese, nonostante i suoi difetti». L’avvocato, assieme a tutta la sua famiglia, come Asia Bibi e i suoi, rischia ora la vita per le minacce delle fazioni più radicali del Paese, che sono scesi a migliaia in piazza in diverse parti del Paese, bloccando strade, bruciando pneumatici e gridando minacce e slogan ostili ai giudici, all’avvocato e ad Asia Bibi. «Questa decisione contro un bestemmiatore non è un buon segno per il Paese – ha detto Maulana Abdul Aziz, imam della Moschea Rossa, un centro radicale di Islamabad alla France Press –. Questa è una decisione ingiusta, crudele e totalmente odiosa contro la shari’a».

Ricordiamolo: Asia Bibi, madre di cinque figli analfabeta, cristiana, era stata condannata a morte nel 2010 in seguito a un litigio con altre donne musulmane per un bicchiere d’acqua. Il suo caso ha avuto una risonanza internazionale: una delle figlie della donna ha incontrato due volte il papa. La questione della blasfemia è in effetti un argomento delicatissimo in un Paese in cui l’Islam è una religione di Stato; anzi, è il primo Paese al mondo dichiaratosi musulmano nella Costituzione. La legge prevede la pena di morte per coloro che vengono riconosciuti colpevoli di aver insultato l’Islam.

In realtà la legge sulla blasfemia è un istituto difficile da gestire, al punto che viene spesso utilizzata, vista la sua “volatilità”, per risolvere i conflitti personali: basta denunciare un vicino di aver in qualche modo offeso l’Islam per vederlo imprigionato. Va anche detto che non sono i cristiani le prime vittime della legge: certe minoranze, come ad esempio quella degli ahmadi che sono degli “eretici” dell’Islam, sono colpite molto più duramente dei cristiani. Le richieste di modificare questa norma sono state finora sempre respinte. Il nuovo primo ministro pakistano Imran Khan, durante l’ultima campagna elettorale, aveva dichiarato di sostenere «incondizionatamente» la legge.

Attorno al “piccolo episodio” di Asia Bibi si sono in questi anni cristallizzate delle posizioni radicalmente opposte, sia in Pakistan che all’estero. Da una parte si schierano i difensori della “purezza dell’Islam”, spesso accecati ancor oggi dall’odio per i colonizzatori di 70 anni fa, incapaci di capire che tutte le religioni, e quindi anche l’Islam, in realtà difendono la persona umana; dall’altra si schierano i difensori ad oltranza dei diritti umani, spesso su posizioni incapaci di capire la complessità di società come quella pakistana, faticando a capire che ogni Paese ha una sua via ai diritti umani, legata alle culture locali e alla sua storia. E non va dimenticato che il governatore musulmano Salman Taseer e il ministro cattolico Shahbaz Bhatti hanno versato il loro sangue nel 2011 per aver difeso Asia Bibi.

Il primo ministro pakistano Imran Khan, pur favorevole alla legge, ha chiesto alla popolazione di rimanere calma e di rispettare il verdetto della Corte Suprema. «Mi appello a voi, alla mia gente, per il vostro Paese», ha detto in un discorso solenne trasmesso in televisione. Coloro che chiedono di respingere il verdetto lo fanno «per il loro stesso interesse politico» e «non rendono alcun servizio all’Islam», ha affermato. «Proteggeremo la vita e le proprietà delle persone, non tollereremo il sabotaggio», ha concluso. L’esercito sta proteggendo i centri nevralgici del Paese, in particolare i luoghi di culto cristiani. I prossimi giorni saranno decisivi anche per la tenuta dello Stato di diritto in Pakistan.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons