Artefici di pace

Di quella pace che è frutto dell’amicizia di Dio e dell’abbondanza di beni spirituali, qui si parla con un termine greco che è unico nel Vecchio e nel Nuovo Testamento: eirenopoioi, che vuoi dire letteralmente: fattori, artefici di pace. I discepoli inviati da Gesù a predicare la Buona Novella, devono portare la pace, e presentarsi alle porte delle case dicendo: Pace a questa casa. II cristiano è dunque per vocazione un portatore di pace, uno che dovunque vive, irradia intorno a sé questa benefica qualità della sua anima. Come il fuoco, spiega san Tommaso, ha la proprietà di scaldare e di fondere, cosi la carità ha il potere di accendere in altre anime l’amore di Dio e del prossimo e quello di riunire, di conciliare, di fondere i cuori in un unico sentire. La concordia è quindi frutto dell’amore; e il Vangelo, con questa beatitudine, mette proprio l’accento sulla vis unitiva e pacificatrice della carità soprannaturale. Lo sforzo tenace, costante, illuminato e paziente di comporre i dissidi, le liti e le tensioni fra gli individui e le comunità è e sarà sempre la nota tipica del cristiano, che continua sulla terra la vita di Gesù, la cui opera è stata essenzialmente opera di riconciliazione, di pacificazione fra gli uomini e Dio e quindi degli uomini fra loro. Egli infatti (Gesù) è la nostra pace, colui che ha fatto di due una cosa sola (cioè di ebrei e di pagani), abbattendo il muro di separazione che era in mezzo a noi… e riconciliandoci ambedue a Dio in un solo corpo, per mezzo della croce. Non solo: egli ha riconciliato le realtà del mondo materiale e quelle del mondo angelico, rappacificando, mediante il sangue della sua croce, le cose che stanno sulla terra e quelle che stanno in ciclo, ristabilendo cioè quell’armonia e quella collaborazione fra gli elementi del creato che il peccato originale aveva turbato profondamente. È dunque un’opera grandiosa, questa pace di Cristo, dalle dimensioni cosmiche e misteriose, una pace che il mondo non conosce, ma che opera sensibilmente negli uomini e fra gli uomini di buona volontà. Ciascuno di noi può essere un artefice di questa pace, ricreandola intorno a sé, nel piccolo angolo di mondo che Dio gli ha affidato. Vi è un ampio, profondo e silenzioso fiume di pace che scorre nelle nostre anime, per la carità che vi è stata versata abbondante, con la grazia, il giorno del battesimo; questo fiume si ingrossa o si inaridisce a seconda della nostra corrispondenza; questo fiume può traboccare nelle anime di quelli che ci sono accanto. Ogni piccolo atto di carità fa breccia negli argini e versa un’onda di pace sulla terra secca e sconvolta. Noi stessi forse ne abbiamo avuto l’esperienza personale e immediata, per il contatto con anime piene di Dio, del Dio della pace. Ma Gesù ci mette in guardia sulle possibili illusioni riguardo ad una quiete interiore o esteriore che non ha nulla a che fare con la vera pace. In una delle antitesi più forti del Vangelo, egli ci dice: Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra: non la pace, ma la spada, a tagliare cioè senza falsa pietà i vincoli della natura, a sovvertire l’ordine e la calma apparente degli affetti umani, se sono un ostacolo a fare pienamente la volontà di Dio. La pace evangelica non è un quieto vivere fatto di compromessi: è una conquista a prezzo di separazioni e di sangue, di angosce e di pianti, senza dei quali non v’è redenzione e quindi riconciliazione. La spada portata da Gesù operò la separazione più dolorosa e più profonda della storia umana: quella da Sua madre ai piedi della croce. A questo prezzo ella divenne Madre di tutti gli uomini. Anche la nostra croce personale vissuta e accettata è il segreto di una maternità divina delle anime, che fa degli uomini altrettanti figli di pace, in un sol corpo, Gesù.

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