Arte per l’eternità

A Firenze, a Palazzo Strozzi, fino al prossimo 23 luglio, una mostra di Bill Viola

A Firenze, Palazzo Strozzi. Le vaste sale sono al buio. Si entra sfondando la “notte”, ed ecco The Crossing (La traversata, 1996): una cascata d’acqua e poi un fuoco, un uomo che li attraversa.  Si sentono suoni, si vedono luci, si dissolvono o meglio si trasfigurano i colori. Il tempo non c’è. Qui c’è un ponte che va dall’eterno all’eterno, dagli elementi primordiali – acqua e fuoco, appunto – che diventano metafore della vita e della morte, di resurrezione e di annientamento. L’uomo passa con cadenze musicali lentissime, movimenti impercettibili. Chi osserva non deve aver fretta: qui il silenzio, interiore soprattutto, è d’obbligo.

E’ l’ingresso nel mondo della video arte di Bill Viola, classe 1951. Torna a Firenze, dove ha vissuto da giovane negli anni Settanta, e costruisce un ponte spirituale tra l’arte del Rinascimento e la contemporaneità. Un colloquio tra espressioni di bellezza legate dal sentimento dell‘eternità nel cui flusso scorre la vita.

Masolino da Panicale nel 1424 dipinge una Pietà nella Collegiata di Empoli. È qui, appesa ad una parete grigia. Su quella di fronte Viola proietta la sua Pietà. Due donne – una giovane e una matura – stanno sedute accanto ad un sarcofago, il fondo è grigioazzurro. Silenzio. Un rumore impercettibile, la giovane volge il capo e dal sarcofago esce un gettito d’acqua. Emerge lentamente un giovane, un Cristo classico sospeso tra morte e vita. Come sospinto da un forza misteriosa, egli si alza, si svela alla luce e viene sostenuto dalle donne, che poi lo adagiano a terra e lo ricoprono col sudario. Gesti minimi, rallentati al massimo grado, emozioni dette secondo dopo secondo, sentimenti cesellati da una luce chiara come nel dipinto di Masolino. Sono passati minuti che hanno il sapore del senza-tempo, dove l’acqua genera e rigenera. È poesia contemplativa di un mistero che appare e si dilegua: i versi dell’Infinito leopardiano forse potrebbero commentare, ma a bassa voce, questa epifania di dolore-amore, morte- vita. Bellezza e immortalità in questa Emergence (Emersione) del 2002.

La Visitazione del Pontormo, dai rosa e verdi cangianti, è anch’essa appesa alla parete. Bill Viola la reinterpreta in un video dal sapore metafisico.  Prima due donne sul fondo blu, poi una terza. Gesti, sguardi, emozioni intense. Se c’è un lavoro di Viola dove il non-tempo (l’eternità è altra cosa) nel suo farsi tempo viene espresso con la cadenza musicale di un “largo” di proporzioni vastissime (si pensi all’Adagio della IX sinfonia di Beethoven o alla Morte di Isotta di Wagner) è questa visione onirica e reale che attualizza l’aria sospesa della tavola pontormesca. Osservandola, si scoprono frammenti di movenze, di atteggiamenti, che sono scintille dell’anima.  Forse Viola non se ne accorge, ma la sua arte entra nelle fibre più nascoste del sentimento e con pazienza lentissima le estrae e ce le mostra.

Anche un fragore immenso come un Diluvio va atteso con una distensione nel tempo lunghissima, che sa aspettare l’evento. Il Diluvio di Paolo Uccello, metafisico ispiratore di Michelangelo, sta sopra un arco e ci fa entrare nella sala dove si allarga The Deluge (2002). Un edificio in pietra è immerso nella luce autunnale. La gente vi passa davanti, immersa nel quotidiano. Ci sono saluti, tensioni, delicatezze. Un sirena, ed è la fuga generale. Dall’edificio esce il diluvio che sommerge tutti, innocenti e colpevoli. Una strage che pare non debba finire mai. Poi, l’acqua si ritira e torna a splendere la luce del giorno. Tutto è stato purificato: l’acqua crea distrugge illumina. L’episodio biblico viene riattualizzato con evidente simbologia: l’inevitabile può sempre accadere, la vita umana è sospesa ad un filo.

Questo sentimento di sospensione pervade le altre opere di Bill Viola, che si rifanno a Botticelli, alla Pietà Bandini di Michelangelo, ad Adamo ed Eva di Cranach, alla Maddalena di Donatello. Considerate nell’insieme esse appaiono come “tempi” di una monumentale sinfonia mahleriana, prive della tragicità complessa di questa e ricche invece di una visione creativa dell’esistenza.

Per Viola l’eternità è già qui. È l’arte a renderla presente, nel passato come oggi. Per questo a Firenze getta un ponte tra i secoli, legandoli  con un appassionato amore per la bellezza che non può morire, distribuendo le sue opere tra Palazzo Strozzi, il Museo dell’Opera del duomo, gli Uffizi.  Cambiano le forme, rimane la sostanza: siamo immersi nel flusso ininterrotto di una vita che conosce anche il dramma, ma risorge sempre come nella serie dei Martiri (2014) che dal fuoco arrivano alla luce.

 

Bill Viola Rinascimento elettronico. Firenze, Palazzo Strozzi, fino al 23.7 (catalogo Giunti)

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