Arte grande a Belluno
Capoluogo dell’Alto Veneto, la città sta diventando un centro culturale di vivo interesse. Nel gennaio 2017 è stato aperto al pubblico Palazzo Fulcis, un edificio settecentesco tra i più belli della terraferma veneta, arricchito dai dipinti di Marco e Sebastiano Ricci. E c’è una mostra davvero imperdibile dedicata appunto a Sebastiano Ricci, Rivali ed eredi, a celebrare il grande pittore bellunese e suo nipote Marco in dialogo con artisti contemporanei ed eredi nella stagione del secolo XVIII.
Sebastiano è come molti artisti del suo tempo – l’esempio massimo è il Tiepolo – un viaggiatore: Roma, Napoli, Milano e l’Inghilterra. . E’ l’esplosione- l’ultima, forse – della pittura italiana, e veneta in particolare, che accompagna le decorazioni di ville, palazzi, chiese in tutta l’Europa.
Cosa porta di suo Sebastiano Ricci? C’è un’opera che dice tutto o quasi di lui, si trova a Palazzo Fulcus, sede dei Musei Civici. Si tratta della Caduta di Fetonte. Una tela mirabile: Zeus, lontanissimo, scaglia un fulmine che si riverbera in raggi infuocati sul giovane tra i cavalli impazziti. Il colore è succoso, la materia forte, il chiaroscuro luminoso. E’ pittura “grassa”, cioè densa, carnosa, eppure morbida. Una rotazione di forme dagli echi tintoretteschi, un coup de thèatre, una scena melodrammatica di sicuro effetto. Questa pittura calda si confronta nella Venere con Cupido (Venezia, Ca’ Rezzonico) con la Venere con amorini di Jacopo Amigoni (Collezione privata), un altro grande nel passaggio tra Barocco e primo Settecento. Ricci è luminoso, umano,ombre e luci dense. Amigoni è leggiadro, delicato, ama colori di seta azzurra e bianca. Eros certamente. Ma in Sebastiano palpitazioni, in Jacopo abbandoni.
Questo modo di dipingere vivo, di colori accesi in lampi passa ai discepoli,come Francesco Fontebasso nelle Annunciazioni e nei Conviti di Antonio e Cleopatra, temi forti e consolidati, ma sempre aperti a nuove illuminazioni.
Il nipote Marco lo seguirà su questa via fino ad un certo punto. Marco è il grande rinnovatore del paesaggio veneto. Artista giramondo come lo zio, quando ritorna a Belluno, ritrova l’incanto delle valli,dei monti alti, delle acque e dei venti brillanti. Il paesaggio con ruscello al Museo bellunese è idillio ma non arcadia, perché tutto vero. La freschezza della natura, la trasparenza della luce, la chiarezza del colore sono vita vera e insieme poesia. Confrontati con i paesaggi tumultuosi del Magnasco sono un altro mondo, un altro sentire. Anche con i vedutisti veneziani. Marco è limpido con l’anima, non solo con la ragione.
Perciò la rassegna è imperdibile, perché nuova, diversa – poche scelte opere anche grazie alla Fondazione Cariverona –in un luogo tutto da scoprire.
Fino al 22 settembre.(catalogo Cierre edizioni)