Arrivederci a due icone del Novecento
Radu Lupu se n’è andato come è vissuto: nel silenzio. Al contrario di altri celebri – e talvolta meno bravi – colleghi, ma certo molto più mediatici, il pianista rumeno, 76 anni, aveva scelto la riservatezza.
Quasi nessuna intervista, stile pacato. Con i capelli lunghi e la barba da monaco del Monte Athos, entrava in palcoscenico, si sedeva al piano e attaccava soffice come quando era arrivato.
Poeta della tastiera, immenso in Schubert e in Chopin, grande in tutto il repertorio. Suonava morbido, anche nei “fortissimi”, perchè la musica per lui era poesia. Nessun effetto, nessuna esibizione gigionistica, libero dai contorcimenti ispirati di alcuni colleghi.
Quante volte l’ho visto e ascoltato, ed ogni volta l’emozione era intensa. Radu Lupu aveva una concezione spirituale della musica: ogni concerto era un incontro con la Bellezza assoluta che quando è vera è impalpabile, inafferrabile. Scende così tanto in profondità – ma con leggerezza – da cambiarci dentro. Dopo ogni suo concerto si usciva con l’anima diversa, più pura.
Ha inciso poco, per nostra sfortuna. Ma, ad esempio, i concerti di Beethoven con la direzione di Giulini rappresentano un vertice musicale di cosa possa produrre l’unità fra due sommi artisti, ognuno dal tocco inconfondibile. Era stato dodicenne un ragazzo prodigio, aveva collezionato premi da star internazionale. Ora suonerà in un’altra dimensione, così piace pensare di questo grande anti-divo. Eredi?. Chissà, forse il giovane polacco Rafal Blechàtz, ma si vedrà.
Diva dello spettacolo è stata invece Catherine Spaak, scomparsa a 77 anni dopo un malattia di cui aveva parlato in pubblico con coraggio. Personaggio complesso, ha attraversato il secondo Novecento in Italia, terra che l’ha lanciata e amata.
A 17 anni infatti esordisce nel film di Alberto Lattuada I dolci inganni: adolescente disinibita, bella e seducente. Un ruolo che prosegue nel 1963 con La Noia di Damiano Damiani, La voglia matta di Luciano Salce, con film da spiaggia (Diciottenni al sole) e capolavori come Il sorpasso di Dini Risi. Attrice e anche donna sentimentalmente irrequieta, colleziona quattro matrimoni e due figli. Con la figlia avuta in gioventù da Fabrizio Capucci, Sabrina, si riconcilia solo ultimamente.
Il cinema non le basta, Catherine è colta e intelligente, elegante, fa teatro e sfonda in televisione. Talk-show come Harem -15 puntate – e fiction di successo fino al 2019 con La vacanza. Scrive anche dei libri.
Sarà stata felice dopo una vita variegata e generosa di successi? . Gli ultimi tempi della malattia sono stati crudi, un calvario, ha confessato la sorella Agnès. Certo, ha rappresentato una icona di femminilità nuova negli Anni Sessanta: indipendente, provocatrice ma poi anche raffinata e sicura. Una diva con una innata aristocrazia, capace di reinventarsi di continuo. E con classe.