Arrivederci, Alain

È morto a 88 anni Alain Delon, il divo francese diventato una icona universale.
Alain Delon. (Foto Ansa, EPA/IAN LANGSDON)

Bello e dannato, un demone angelico. Così è apparso sugli schermi, grazie alla  presenza fascinosa ma anche alla capacità di “essere” i personaggi che interpretava. Delon amava la vita, appassionatamente, ha afferrato tutto: amori, dolori, successi, insuccessi e una vecchiaia mai accettata. L’uomo dagli occhi azzurri d’acciaio appariva spesso un “duro”, nei film e nella vita. Ma nascondeva una infanzia segnata dalla mancanza di affetto familiare, una adolescenza ribelle che a 17anni l’aveva condotto soldato in Indocina, un terribile desidero di unità familiare come disse in una intervista: «Desidererei  vedere mio padre e mia madre uniti».

Viene lanciato da René Clement in “Delitto in pieno sole”, dove si impone per la presenza magnetica, ma è Luchino Visconti negli anni Sessanta a lanciarlo alla grande con due film: “Rocco e i suoi fratelli” – dove è il giovane e timido ragazzo lucano emigrato a Milano – e poi “Il Gattopardo”, in cui in coppia con Claudia Cardinale (che diverrà sua amica). Con Burt Lancaster dà vita all’esuberante Tancredi in quel capolavoro che è una sorta di nostro “Via col vento”, tra garibaldini, borboni, musiche di Verdi e disincanto siciliano. L’Italia lo attira ancora con ruoli di seduttore inquietante e anarchico ne “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini (indimenticabile il suo cappotto sdrucito color cammello e lo sguardo perduto) e con “L’Eclisse” di Antonioni insieme a Monica Vitti. C’era anche lui,  o meglio tutto lui, in quei film.

Alain Delon infatti viveva tutto ciò che recitava, o meglio la recitazione lo”costringeva” a svelarsi, a dirsi nei suoi recessi nascosti. Diventa uno spietato nella serie noir diretta da Melville: “Frank Costello Faccia d’angelo”, “I senza nome”, “Notte sulla città”. Le storie intricate gli piacevano, come nel trhiller psicologico “La piscinain”, in cui recitava accanto a Romy Schenider, l’ex principessa Sissi, uno dei grandi amori della sua vita. Tenta anche il lato romantico e avventuroso con due bei film storici come “Zorro” e “Il Tulipano nero”, in cui è uno spadaccino perfetto dal sorriso beffardo e arrogante. E si infila pure nel trittico di Poe “Tre passi nel delirio”.

Esuberante e anche cinico, Delon tenta ogni genere – tranne il comico – sino alla fine della carriera  in cui è uno stanco Giulio Cesare in “Asterix alle Olimpiadi”.

Cosa resta di un uomo tanto vitale, con tre figli da due donne diverse e in lite fra loro, che però è stato un padre distante e affatto tenero con i figli maschi, sentiti quasi come rivali? Rimane un talento unico, una personalità fortissima, un fascino umano e una capacità attoriale formidabile, assoluta, da divo-leggenda. Che non lascia eredi, come l’amico Belmondo e il nostro Mastroianni.

Rimane popolare il sorriso angelico e sfrontato, la sua fame di vita e di bellezza, il suo essere una icona  mondiale, unica, di fascino, ed anche la malinconia della fine, dopo oltre 80 film, come disse a Cannes nel 2019 piangendo: “La cosa difficile è ora partire”. Se n’è andato sereno, dopo anni di malattia. L’ultima foto di luglio, dal barbiere,lo mostra  nobile, la luce ancora negli occhi. L’uomo inquieto adesso ha trovato la pace.

Alain Delon e Lucilla Morlacchi in una scena del film ”Il Gattopardo” di Luchino Visconti. (Foto ANSA /US)

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