Arrivederci, Alain
Bello e dannato, un demone angelico. Così è apparso sugli schermi, grazie alla presenza fascinosa ma anche alla capacità di “essere” i personaggi che interpretava. Delon amava la vita, appassionatamente, ha afferrato tutto: amori, dolori, successi, insuccessi e una vecchiaia mai accettata. L’uomo dagli occhi azzurri d’acciaio appariva spesso un “duro”, nei film e nella vita. Ma nascondeva una infanzia segnata dalla mancanza di affetto familiare, una adolescenza ribelle che a 17anni l’aveva condotto soldato in Indocina, un terribile desidero di unità familiare come disse in una intervista: «Desidererei vedere mio padre e mia madre uniti».
Viene lanciato da René Clement in “Delitto in pieno sole”, dove si impone per la presenza magnetica, ma è Luchino Visconti negli anni Sessanta a lanciarlo alla grande con due film: “Rocco e i suoi fratelli” – dove è il giovane e timido ragazzo lucano emigrato a Milano – e poi “Il Gattopardo”, in cui in coppia con Claudia Cardinale (che diverrà sua amica). Con Burt Lancaster dà vita all’esuberante Tancredi in quel capolavoro che è una sorta di nostro “Via col vento”, tra garibaldini, borboni, musiche di Verdi e disincanto siciliano. L’Italia lo attira ancora con ruoli di seduttore inquietante e anarchico ne “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini (indimenticabile il suo cappotto sdrucito color cammello e lo sguardo perduto) e con “L’Eclisse” di Antonioni insieme a Monica Vitti. C’era anche lui, o meglio tutto lui, in quei film.
Alain Delon infatti viveva tutto ciò che recitava, o meglio la recitazione lo”costringeva” a svelarsi, a dirsi nei suoi recessi nascosti. Diventa uno spietato nella serie noir diretta da Melville: “Frank Costello Faccia d’angelo”, “I senza nome”, “Notte sulla città”. Le storie intricate gli piacevano, come nel trhiller psicologico “La piscinain”, in cui recitava accanto a Romy Schenider, l’ex principessa Sissi, uno dei grandi amori della sua vita. Tenta anche il lato romantico e avventuroso con due bei film storici come “Zorro” e “Il Tulipano nero”, in cui è uno spadaccino perfetto dal sorriso beffardo e arrogante. E si infila pure nel trittico di Poe “Tre passi nel delirio”.
Esuberante e anche cinico, Delon tenta ogni genere – tranne il comico – sino alla fine della carriera in cui è uno stanco Giulio Cesare in “Asterix alle Olimpiadi”.
Cosa resta di un uomo tanto vitale, con tre figli da due donne diverse e in lite fra loro, che però è stato un padre distante e affatto tenero con i figli maschi, sentiti quasi come rivali? Rimane un talento unico, una personalità fortissima, un fascino umano e una capacità attoriale formidabile, assoluta, da divo-leggenda. Che non lascia eredi, come l’amico Belmondo e il nostro Mastroianni.
Rimane popolare il sorriso angelico e sfrontato, la sua fame di vita e di bellezza, il suo essere una icona mondiale, unica, di fascino, ed anche la malinconia della fine, dopo oltre 80 film, come disse a Cannes nel 2019 piangendo: “La cosa difficile è ora partire”. Se n’è andato sereno, dopo anni di malattia. L’ultima foto di luglio, dal barbiere,lo mostra nobile, la luce ancora negli occhi. L’uomo inquieto adesso ha trovato la pace.
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