Arrivano in tempo

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Arrivano in tempo / Quando c’è più bisogno / Esperti in salvataggio / Portano un messaggio / Buone notizie / Qualcuno ci ama / E non ci lascia andare / Per una strada diversa / Dalla nostra / La nostra / Io li ho visti / Per ben due volte / In una chiesa / E in un treno / Non fosse per loro / Non sarei dove sono / Volto d’amico / Volto ignoto / Erano angeli / Compresi dopo. Se un giorno scriverò un libro sugli angeli (è una cosa che ho in mente da un po’ di tempo), lo inizierò con questi versi. L’idea mi è venuta il 2 ottobre, festa degli angeli custodi. Una coincidenza, si dirà. Tutti coltivano dei sogni, magari a lungo termine e basso costo. Il mio è di andare in giro a raccogliere storie vere di angeli. Ce ne sono tante sparse nel quotidiano. Storie piccole, a volte eclatanti, comunque storie di angeli. Ci passano accanto, sorridono, allungano una mano. Poi scompaiono. Raramente ci accorgiamo di loro. Forse perché non sfoggiano magnifiche ali piumate, ammesso che le abbiano. Prima che il mio sogno si realizzi, potrebbe passare un bel po’ di tempo. Nel frattempo vi racconto la storia di un vecchio frate claudicante che un giorno in chiesa” Non è che, una volta scelta una strada e percorso un certo tratto, non possano venire in mente domande del tipo: Dove sto andando? . Oppure: Ho scelto la strada giusta? In fondo c’erano anche altre possibilità, magari meno radicali, comunque belle, forse meno difficili. È esattamente questa seconda domanda che mi ha sorpreso nel bel mezzo del cammino, quando mi è sembrato di trovarmi davanti ad un bivio completamente impreparato a decidere da che parte andare. La sensazione era di non avere più strada sotto i piedi, e, girandomi in dietro, di non averne neanche alle spalle, come se non avessi mosso in realtà alcun passo. La strada esisteva solo in virtù del mio movimento, nel momento in cui mi fermavo non c’era più. Capite che in una situazione simile il disagio può raggiungere velocemente livelli di guardia. E così è stato un giorno in cui l’anima era sprofondata in uno stato di angoscia tale da costringermi a scappare da casa, per evitare tra l’altro che qualcuno mi vedesse in quelle condizioni. Ho preso la macchina e sono partito. Quando si perde l’orientamen- to, il senso della distanza e delle dimensioni, può aiutare il confronto con qualcosa d’infinito, come nella mia immaginazione è il mare. Era infatti lì che stavo andando. Non sapevo che un altro infinito mi aspettava lungo la strada. Quando mancavano ormai solo due chilometri, mi ricordai di un’abbazia benedettina in cima ad una collina non distante. Un belvedere al lato della chiesa, in direzione trasversale alla costa, consente di guardare il mare da una posizione estremamente favorevole; abbastanza vicino da riuscire a distinguere tutte le sue sfumature di colore, dal blu profondo e distante, al bianco dell’onda che s’infrange, abbastanza lontano da poter seguire la linea della costa che si ripete sempre uguale fino a perdersi nell’orizzonte, dove è facile immaginare la sua infinita ripetizione. Ma quella volta non mi fermai a guardare, entrai direttamente in chiesa. Nella penombra, completamente vuota e silenziosa mi apparve immensa. Una grande scalinata centrale portava all’altare principale dove era esposto il sacramento. Percorsi la scalinata e m’inginocchiai. La parola sacramento vuol dire manifestazione sensibile e visibile di una realtà spirituale, invisibile. Ed io avevo un gran bisogno di vedere. Mi ero perso, chiesi quello che può chiedere un uomo smarrito: un’indicazione. Ero afflitto, chiesi ciò di cui ha più bisogno un’anima dolente: un po’ di conforto. Non vedevo, chiesi l’unica cosa che può salvare nell’oscurità: una luce. Non so dire quanto tempo rimasi in ginocchio pregando e piangendo. E quante volte ripetei in un salmodiare sommesso: Signore fammi capire cosa devo fare. Signore fammi capire dove devo andare. Ad un certo punto mi alzai, con l’anima più sollevata e mi avviai verso l’uscita. Dall’altra parte della navata un anziano frate avanzava con passo lento e claudicante. Avrei potuto anche non aspettarlo, non sapendo se fosse diretto verso di me o semplicemente verso l’uscita. Nel dubbio mi trattenni, per salutarlo. Quando mi raggiunse disse, con voce tremula: Ti ho visto pregare, vicino all’altare. Eri molto raccolto. Non risposi niente, limitandomi a fare un piccolo cenno con la testa. Allora lui disse: Donati a Dio, Dio si donerà a te. Rimasi in silenzio, guardandolo negli occhi per alcuni secondi, poi gli strinsi la mano ed uscii. Per il breve viaggio di ritorno a casa, mi rigirai nella testa quelle parole, non riuscendo a togliermi dagli occhi l’immagine del vecchio frate che avanza a fatica verso di me. La sua fragile figura. L’inequivocabile e abbagliante chiarezza delle sue parole. Provai a spiegare il fatto con una coincidenza. Non è una cosa così strana che un religioso proponga una scelta radicale di Dio, anche rivolgendosi a persone sconosciute, parte del suo mestiere. Diversamente non ci sarebbero vocazioni; vuole qualcuno che chiami affinché qualcuno risponda. Gesù faceva così; alcuni rispondevano di sì e lo seguivano, altri di no e andavano via tristi. Quella volta in chiesa c’ero solo io e quel frate non poteva che rivolgersi a me. Ma allora come mai proprio io, ero entrato in quella chiesa, quella volta e avevo incontrato quel frate, lo avevo visto da lontano aspettato, quasi con il presentimento inconscio che avesse qualcosa da dirmi? Non avevo forse un attimo prima pregato, chiedendo un segno? Capii” e fu come sentirsi cadere un grave peso dall’anima. Capii” che non c’era nessun bivio, c’era solo una strada: la mia, che si faceva stretta. Capii” che una scelta l’avevo già fatta; dovevo solo restarvi fedele. Ho voluto rievocare questi momenti mosso da un obbligo di gratitudine. Mettetevi nei miei panni, avreste fatto anche voi lo stesso. Con tutte le tragedie che affliggono l’umanità, di fronte al coro incessante di preghiere che bombarda ogni giorno il cielo, il Signore ha ascoltato proprio me. È incredibile. Quel frate non l’ho più rivisto, neppure sono andato a cercarlo. Ormai sono passati dodici anni ed ho dimenticato il suo volto. Forse è meglio così. Mi piace ricordarlo unicamente per essere apparso nella mia vita in un momento critico ed aver detto una decina di parole decisive. Poi scomparso. Non cercherò di dimostrare che quel frate era un angelo, pur volendo, non ne sarei in grado. Soltanto, non chiedetemi di negarlo.

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