Armi, stragi e costituzione

Il dibattito sul secondo emendamento che permette ai cittadini il possesso di armi. Gli interessi in gioco e le possibili limitazioni. Il mercato internazionale con le fiorenti importazioni dall'Europa. 
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Le stragi che, nelle ultime tre settimane, hanno sconvolto gli Stati Uniti hanno riaperto il dibattito sull’assurdità di questo tipo di violenza, ma anche su aspetti che stanno alla radice della questione. La sparatoria a College Station, una cittadina universitaria del Texas, è stata motivata, per esempio, dalla notifica di uno sfratto da parte della polizia alla persona che si è, poi, trasformato in omicida.

La serie di avvenimenti di questo tipo negli ultimi anni è stata impressionante e, come ha sottolineato il Presidente Obama, si tratta di una violenza e di una malvagità che non ha senso. “Va al di là della ragione umana” ha insistito il Presidente.

I maggiori quotidiani americani, come pure i vari canali televisivi, hanno acceso i riflettori su questi avvenimenti che continuano a colpire innocenti in modo imprevedibile e sempre senza via di scampo per chi si trova nel punto sbagliato al momento sbagliato. Tra l’altro, due dei tre attentatori hanno perso la vita ed il primo, James Holmes, il cui sguardo fra il vitreo e assente ha colpito l’opinione pubblica non solo degli States, rischia la pena di morte per iniezione letale.

Al centro del contenzioso è il ‘secondo emendamento’ alla Costituzione americana, che considera il porto d’armi come un diritto. Si tratta di una questione che risale a due secoli fa, quando il Paese usciva dalla rivoluzione che lo aveva unito grazie all’impegno di cittadini che avevano combattuto in prima persona. Il porto d’armi era, dunque, giustificato dalla necessità di conservare delle milizie fra i civili. E’ evidente che le cose sono cambiate da allora.
 
Il problema attuale sono le lobby dei produttori d’armi, che, nel corso dei decenni, hanno acquistato sempre più potere sia per il giro di affari ed i capitali che controllano, sia per i finanziamenti ai partiti, finendo per legare le mani ai politici su qualsiasi possibilità di riforma. Per questo, dopo ogni episodio di violenza, si assiste a dibattiti e polemiche che finiscono poi per stemperarsi nel giro di alcuni giorni, per essere regolarmente riprese in occasione della strage successiva.
 
Gli ultimi avvenimenti hanno messo in evidenza due aspetti inquietanti dell’intera problematica. Da una parte, molti americani non intendono rinunciare al diritto al porto d’armi visto come una delle evidenze più chiare della libertà di cui godono tutti i cittadini. Non sono pochi quelli che hanno in casa un vero arsenale, che è, di fatto, legale. Dall’altra, si è cercato di spostare la mira sull’Europa come esportatrice di armi verso gli USA e, dunque, come vera fonte del problema.

Ad Aurora il giovane omicida ha usato una pistola di fabbricazione austriaca, una Glock semiautomatica calibro 40. Alcuni organi di stampa hanno messo in rilievo come l’esportazione di armi – si parla di più di quattrocento mila pezzi esportati verso gli USA nel 2010 – sia una delle fonti di guadagno maggiori per l’Austria.

La Germania e l’Italia seguono a ruota e, in generale, si stima che, due anni fa, dai Paesi dell’Unione Europea siano arrivate negli USA poco meno di un milione di armi. Le limitazioni imposte dai Paesi del vecchio continente hanno spinto i produttori sul mercato americano, grazie al mantenimento del secondo emendamento.
 
A prescindere dagli immensi interessi attorno al mercato delle armi e all’influenza esercitata su politici, si potrebbe, comunque, cercare di intervenire per limitare due aspetti. Innanzi tutto, non permettere la vendita di armi da guerra che davvero poco hanno a che fare con la protezione dell’incolumità personale.

In secondo luogo, si dovrebbe procedere alla limitazione della concessione del porto d’armi in base all’equilibrio psichico della persona. Vari attentatori, infatti, sono stati o ancora sono affetti da problemi di questo tipo e, quindi, incapaci di discernere su un uso adeguato e prudente delle armi di cui possono, a termini di legge, venire in possesso.
 
Non si deve dimenticare, poi, che la questione fondamentale è la prospettiva di vita che si sceglie, il tipo di rapporto che si vuole stabilire all’interno della comunità con altri uomini e donne. Il Presidente Obama l’ha chiarito in più occasioni, a cominciare dal famoso discorso dopo la tragedia di Oklaoma City.

Ma lo ha fatto anche di recente, quando, nei giorni successivi alla strage di Aurora in Colorado, ha dichiarato: “Se c’è qualcosa che possiamo portarci via da questa tragedia è che ci ricorda quanto sia fragile la vita. Il tempo che abbiamo è limitato e, quindi, prezioso. Ciò che conta non sono le piccole diatribe quotidiane che spesso consumano la nostra vita e le nostre persone. In definitiva, si tratta di decidere come vogliamo trattarci e di come possiamo volerci bene”.
           
 

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