Armi italiane e mercati di morte, ultimo appello a difesa della legge 185 del 1990
Non ci sono i numeri alla Camera per fermare la modifica, approvata già in Senato, che svuota di efficacia la legge 185/90 sul controllo della produzione ed esportazione delle armi pesanti dal nostro Paese.
La Rete italiana pace e disarmo è intervenuta nelle audizioni parlamentari entrando nel merito delle proposte migliorative di un testo di legge approvato nel 1990 grazie all’impegno di tante associazioni e movimenti mobilitati contro “i mercanti di morte”.
Più volte il compatto industriale della Difesa si è espresso per una “robusta manutenzione” della legge a favore di un settore dove esiste una forte competizione in un mercato in forte crescita negli ultimi decenni fino al boom legato al precipitare del conflitto in Ucraina con l’invasione russa e il forte sostegno militare occidentale alle truppe di Kiev. Da una parte e dall’altra è ormai sdoganato anche l’uso delle bombe a grappolo e delle armi all’uranio impoverito.
In tale congiuntura è arrivata nel maggio 2023 anche la decisione del governo in carica di rimuovere lo stop decretato nel 2020 dell’invio di bombe e missili verso l’Arabia Saudita. Una decisione salutata da Michele Nones, voce autorevole dell’Istituto Affari internazionali, come necessaria per gli interessi strategici dell’Italia.
La modifica della legge 185/90 comporta, tra l’altro, la cancellazione integrale della parte della Relazione annuale al Parlamento che riporta i dettagli dell’interazione tra banche e aziende militari. Verrebbe meno così uno strumento di trasparenza che rende possibile l’azione di pressione verso le banche per disinvestire nella produzione di armi.
Il fastidio contro la stessa dicitura “banche armate” è stato espresso dall’attuale presidente dell’Associazione delle aziende della Difesa e dello spazio (Aiad), Giuseppe Cossiga, e da Guido Crosetto, ministro della Difesa ed ex presidente di Aiad.
Rete italiana pace e disarmo ha lanciato una serie di azioni mirate a contrastare l’esito finale della liberalizzazione dell’export di armi coltivato da anni «dalle lobby dell’industria militare e dai centri di ricerca e di pressione ad essa collegati».
Sul sito di Ripd c’è tutto il materiale necessario per approfondire la questione, conoscere le proposte migliorative avanzate e i link utili per agire scrivendo direttamente ai deputati, sostenere una petizione popolare, promuovere nei comuni una mozione a difesa della legge 185/90.
È chiaro che una mobilitazione del genere presuppone l’esistenza di una cittadinanza attiva e il coinvolgimento di grandi realtà associative.
Per questo motivo il 4 marzo cinque realtà del mondo cattolico hanno ritenuto di dover indire a Roma una conferenza stampa per lanciare « un appello alla coscienza dei parlamentari contro il falso realismo della guerra». L’invito “Armi italiane e mercati di morte” è stato firmato dai responsabili nazionali di Azione Cattolica, Acli, Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari e Pax Christi. Gli stessi che hanno lanciato nel 2021 l’impegno per l’adesione dell’Italia al trattato internazionale di messa al bando delle armi nucleari così come promosso dalla campagna “Italia ripensaci” di Ican
Oltre che una conferenza stampa si è trattato di un momento di dialogo aperto sul “che fare” davanti ad uno scenario che sembra senza” speranza e induce all’indifferenza.
Interventi brevi e puntuali di Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo e Andrea Baranes di Fondazione Finanza etica. Condivisione profonda e impegno comune espresso da Maria Elena Lacquaniti della Federazione italiana delle chiese evangeliche. Intervento di don Antonio De Rosa per adesione di Caritas Italiana, condivide l’impegno anche l’Agesci, mentre anche don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, presente a Roma per organizzare la giornata del 21 marzo sulle vittime innocenti di tutte le mafie, è intervenuto per esprimere la necessità di non stare in silenzio ribadendo l’esperienza fondante del Gruppo Abele.
Come nella precedente conferenza stampa del 4 ottobre 2023, per la difesa della legge 185/90 quale applicazione della Costituzione, è stata centrale la testimonianza di padre Alex Zanotelli.
“Prete scomodo” come si dice in gergo, sempre ostinatamente dalla parte degli ultimi. Negli anni 80 fu rimosso dalla direzione della rivista Nigrizia su pressione del governo del tempo proprio perché aveva denunciato il coinvolgimento italiano nel commercio mondiale delle armi. Ha poi svolto il suo servizio di missionario da un posto dimenticato dell’Africa, facendone un altoparlante che ha colpito la coscienza di molti. Tra i punti di riferimento delle istanze di giustizia sociale ed ecologica al centro della contestazione del G8 del 2001 a Genova e poi del movimento contro la guerra in Afghanistan nello stesso anno e in Iraq nel 2003.
Tra gli artefici della vittoria del referendum sull’acqua pubblica nel 2011 arrivata dopo una campaga condotta dal rione Sanità dove questo religioso trentino ha deciso di andare a vivere tornando in Italia. In un recente editoriale per Mosaico di pace, mensile di Pax Christi di cui è direttore responsabile, ha parlato di “vittoria del complesso militar industriale”. Ha iniziato il suo intervento mostrando la prima pagina de Il Sole 24 ore con esposti i profitti da record dell’industria delle armi e ha proposto, nel dibattito finale che, oggi, è venuto il tempo di riscoprire l’esempio dei fratelli Berrigan negli Usa della guerra in Vietnam e cioè la scelta dei 2 sacerdoti cattolici di promuovere la disobbedienza civile e della nonviolenza attiva.
Occorre ricordare che anche papa Francesco quando si è recato negli Usa nel 2015 ha indicato come esempi da seguire Martin Luther King assieme a Dorothy Day e Thomas Merton, cioè due grandi oppositori della guerra.
La necessità di un’esposizione esplicita dei cattolici promossa dalla conferenza stampa del 4 marzo, come dalle altre iniziative, nasce dalla necessità di colmare la distanza dall’insegnamento del papa, che anche nell’Angelus del 3 marzo ha ribadito il disarmo come priorità, dalla prassi e dalle priorità all’interno della Chiesa e delle stesse associazioni. Come se persistesse una certa mentalità sedimentata negli ultimi decenni a considerare marginale l’impegno per la pace pur di fronte alla tragedia della guerra nel centro dell’Europa e della carneficina in corso in Terra Santa, senza dimenticare altri gravi conflitti che compongono la guerra mondiale a pezzi.
Don Giovanni Ricchiuti, vescovo e presidente di Pax Christi, non ha nascosto nel suo intervento la difficoltà vissute negli anni a far emergere certe priorità all’interno della conferenza episcopale italiana con l’impegno, in corso, per una presa di posizione esplicita sulla difesa della legge 185/90.
Ma ciò che appare in gioco è la capacità di quella che viene definita società civile responsabile ad incidere sulle scelte che contano. I numeri per cambiare gli equilibri in Parlamento non ci sono ha ribadito Paolo Ciani, deputato presente all’incontro, ma l’appello trasversale alla coscienza di ognuno esprime sempre una grande fiducia rivolta verso tutti.
Ne sono consapevoli i rappresentati dei movimenti e associazioni che, oltre al vescovo di Pax Christi, sono intervenuti nel dibattito per ribadire le ragioni di un impegno che non può essere passeggero e di facciata: Adriano Ramonda della direzione nazionale della Comunità Papa Giovanni XXII, Stefano Tassinari vice presidente nazionale delle Acli, Cristiana Formosa coresponsabile nazionale del Movimento dei Focolari Italia e, in collegamento da Palermo, Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale di Azione cattolica italiana.
Di seguito il video integrale dell’incontro conferenza stampa
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