Armi dal mondo per il Medio Oriente
Il Medio Oriente, di nuovo infiammato dal Libano alla Siria dopo l’attacco di Hamas da Gaza del 7 ottobre e la massiccia reazione di Israele, si trova sotto lancio di razzi, di missili, di bombe e di quant’altro. Ma da dove arrivano tutte queste armi?
Stando ai dati del SIPRI, nell’ultimo decennio nel Nord Africa e nel Medio Oriente è stato indirizzato mediamente un terzo circa delle esportazioni mondiali di maggiori sistemi d’arma (mezzi corazzati, navi, aerei, artiglieria pesante ecc.).
I maggiori fornitori
I fornitori di queste armi al Nord Africa e al Medio Oriente nel quinquennio 2018-22 sono stati nell’ordine gli Stati Uniti (54%), Francia (12%), Russia (8,6%) e Italia (8,4%). Cioè l’83% degli armamenti provengono da questi quattro Paesi, che adesso sembrano cercare di adoperarsi per fermare il temuto allargamento del conflitto.
Washington e Mosca, secondo il database del SIPRI e analizzando solo le forniture a Israele, Arabia Saudita, Qatar ed Egitto, hanno venduto rispettivamente il primo carri armati M-1A1 Abrams, caccia F-35A Lightning-2, missili antinave Harpoon Block-2 (e a seguire materiali per altre 20 pagine!), mentre il secondo 14 elicotteri da trasporto Mi-8MT/Mi-17, 150 missili 9M82M, 1.000 missili anticarro 9M120 Ataka e altri 1.000 Vikhr (e ovviamente altro).
I suddetti maggiori fornitori, come detto, sono quei quattro Paesi, ma se andiamo a vedere anche altri stati dell’Unione Europea non disdegnano d’inviare armi e munizioni in quelle aree calde. Uno studio dell’Archivio Disarmo del 2021 infatti già rilevava che l’UE esportava una quota significativa delle sue forniture militari all’area MENA.
Tra il 2012 e il 2022 il Belgio, ad esempio, ha inviato all’Arabia Saudita circa 300 torrette per mezzi corazzati, mentre la Spagna ha fornito all’Egitto 21 aerei militari da trasporto C-295, all’Arabia Saudita altri 4 C-295, 100 mortai Alakran e 5 fregate Avante-2200; la Francia ha venduto all’Egitto 250 missili MICA, 500 missili AASM Hammer, 191 mezzi corazzati Sherpa, 60 missili Exocet, 30 caccia Rafale e tanto altro, come anche al Qatar e all’Arabia Saudita, che si configurano anch’essi ottimi clienti di Parigi. Anche la Germania esporta significativamente a Egitto, Israele, Arabia Saudita e Qatar, analogamente alla Gran Bretagna (sino al 2020 membro UE), sempre verso gli stessi clienti.
Il nostro Bel Paese ha fornito 4 cannoni navali Super Rapid 76 mm a Israele, altri 10 all’Arabia Saudita, altri 18 all’Egitto insieme ad altre forniture (2 elicotteri AW139, 2 fregate FREMM, 50 missili Aster-15 ecc.), a Israele 12 elicotteri AW 119 Koala e 30 aerei M-346, al Qatar 75 missili antinave Marte-ER, 4 fregate, 2 corvette, 6 M-346, 86 missili Aster-30, 22 elicotteri (e altro). L’Italia ha esportato in Israele sistemi d’arma per un totale di 588,7 milioni di € tra il 2012 e il 2022.
Nel 2012, come detto, fu autorizzata la vendita di 30 aerei M-346 prodotti dalla Alenia-Aermacchi che fecero salire in quell’anno il valore dell’autorizzazione alle esportazioni a ben 472,9 milioni di euro. Le consegne di questi velivoli iniziarono proprio in coincidenza con l’ennesima campagna militare israeliana denominata operazione Margine di protezione nel 2014. All’opinione pubblica italiana furono presentati solo come addestratori, mentre, come recita il sito della Leonardo, ha anche “capacità multiruolo per missioni di supporto aereo ravvicinato, anche in aree urbane, e interdizione sul campo di battaglia, di difesa del territorio nazionale e ricognizione tattica”.
Export italiano a Israele (mln €)*
2022 | 2021 | 2020 | 2019 | 2018 | 2017 | 2016 | 2015 | 2014 | 2013 | 2012 |
9,3 | 12,5 | 21,4 | 28,7 | 18,4 | 9 | 8,6 | 5,4 | 0,37 | 2,4 | 472,9 |
Fonte: Relazioni Presidenza del Consiglio, vari anni
Le armi piccole e leggere
Alle cifre indicate per i maggiori sistemi d’arma provenienti dai suddetti Paesi vanno aggiunte le forniture di armi piccole e leggere (pistole, fucili, mitra, mitragliatrici, bombe a mano, mine ecc.), denominate SALW Small Arms and Light Weapons, difficilissime da controllare e da quantificare, dato che anche i Paesi occidentali stendono un sapiente velo oscurante su questa tipologia di armi, che viaggiano spesso in incognito e vanno ad alimentare guerre, guerriglie e attentati dove agiscono eserciti regolari, gruppi paramilitari, formazioni terroristiche e delinquenza organizzata.
Tra l’altro proprio queste armi piccole e leggere sono quelle più usate nei vari conflitti e sono state definite le vere armi di distruzione di massa, come fece notare l’ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan.
Lo Small Arms Survey di Ginevra stimava già nel 2017 che nel mondo ci fosse più di un miliardo di armi da fuoco detenute da civili (857 milioni), da forze di polizia (22,7 milioni) e da forze armate (133 milioni). E si calcola che solo il 12% di quelle in mano ai civili siano regolarmente detenute.
Un rapporto di Egyptwide “Made in Italy per Reprimere in Egitto” del 2023 segnala, tra l’altro, che armi di fabbricazione italiana come Beretta 70/90, ARX160 e F92S e Benelli M3T Super 90 sono state impiegate dalle forze di sicurezza egiziana a Kerdasa (Giza), stimando che «per quanto riguarda le armi piccole e leggere, … il valore totale dei materiali autorizzati per l’esportazione tra il 2013 e il 2021 superi i 62 milioni di euro».
LeSALW sono armi facilmente trasportabili e occultabili: un TIR può portarne centinaia e ancora di più una nave cargo. Spesso provengono da aree dove le guerre locali sono terminate o da depositi saccheggiati (in quest’ultimo caso è esemplare quello degli arsenali di Gheddafi che sono finiti in giro per l’Africa e il Medio Oriente, dal Mali alla Siria).
Le vie delle armi
Non va dimenticato che soprattutto per le armi piccole e leggere vale il principio dei vasi comunicanti, transitando da un Paese ad un altro vicino, come apparve chiaramente durante la guerra civile in Siria, visto che il flusso di armi e di munizioni si indirizzò massicciamente nei Paesi limitrofi, mentre, nonostante la vigenza di un apposito embargo sul Paese, armi e munizioni non sembravano scarseggiare per i combattenti.
Jῡrgen Stock, segretario generale dell’Interpol, nel 2022 segnalava che «le armi inviate in Ucraina dopo l’invasione della Russia a febbraio finiranno nell’economia nascosta e nelle mani dei criminali».
Basta ripensare anche agli arsenali lasciati dagli Stati Uniti e finiti in mano ai talebani dopo la precipitosa fuga da Kabul nel 2021. Infine, mercanti e società private vendono arsenali composti di armi sia nuove sia usate sul mercato mondiale, come nel caso famoso del russo Viktor Anatol’evič Bout che ha ispirato il film “Lord of War” con Nicolas Cage.
Anche nel caso della nuova crisi di Gaza, si è potuto notare che Hamas ha fatto uso soprattutto di armi piccole e leggere per commettere la strage contro i cittadini israeliani, armi che, nonostante i controlli ferrei, comunque sono affluite copiosamente ai terroristi.
È rilevante anche il numero di razzi di cui Hamas ha potuto disporre nell’attacco del 7 ottobre scorso: se ne stimano ben 5.000. I loro arsenali, stando alle notizie diffuse dai media e da fonti d’intelligence, sono dotati di granate F-7 e lanciarazzi Rpg di fabbricazione nordcoreana, di fucili Type 58 (un’imitazione del famoso AK 47 sovietico, realizzato in Corea del Nord), di droni Ababil-2 iraniani o loro facsimili, copie iraniane delle mitragliatrici cinesi Type 56-1 (chiamate PKM-T80), missili a corto raggio iraniani come i Fajr-3, i Fajr-5 e gli Zelzal.
Infine altri laboratori artigianali, nella striscia di Gaza come altrove, riescono a produrre armi ugualmente letali, magari utilizzando tubature idrauliche per trasformarle in tubi di lancio per razzi. Lo stesso fucile d’assalto Kalashnikov è prodotto spesso in tali strutture, ovviamente senza licenza.
Armi in abbondanza, prodotte e commerciate da tutti, che seguono il richiamo delle guerre, delle guerriglie e della violenza. Le vie delle armi, purtroppo, sono come quelle del Signore, infinite.
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