Archeologia “misteriosa”, oltre i confini della scienza
Esplorare il mondo dell’archeologia scientifica è sempre un’avventura avvincente, ma visto che essa non può discostarsi dai comprovati principi e assiomi delle prevalenti dottrine accademiche, le scoperte cui essa conduce, seppure pietre miliari nel progresso dell’umanità, raramente sono eclatanti o così clamorose da far esclamare: «Eureka!».
Se per un istante, però, ci addentriamo nella cosiddetta cripto-archeologia o archeologia pseudoscientifica, si spalancano le porte di un mondo in cui le interpretazioni più temerarie sono innumerevoli visto che esse non devono essere necessariamente corroborate dalla scienza, ma è sufficiente che siano supportate da mere intuizioni, credenze esoteriche e balzane teorie che spesso non stanno né in cielo né in terra.
Eppure, è proprio l’archeologia misteriosa che spopola di questi tempi e sopravanza di netto i compassati manuali tecnico-scientifici che pure rivelano al mondo, sebbene a piccoli passi, le scoperte reali che sono destinate, queste sì, a cambiare un domani le concezioni tradizionali sulla storia della Terra. Che il mondo senta il bisogno di fantasticare e cullarsi nel surreale, lo si sa da millenni, soprattutto quando il ricorso a forze soprannaturali serve per sopperire agli evidenti limiti della logica e della mente umana. E non v’è niente di male in tutto ciò, fintanto però che si tenga sempre ben distinta la scienza dalla fantascienza e purché l’archeologia del paranormale e le fantasiose “rivelazioni” che spesso da essa scaturiscono non vengano usate dal “ciarlatano” di turno per promettere miracoli e trarre illecito profitto economico a svantaggio di persone fragili e afflitte da problemi psichici e fisici incurabili. In tal caso infatti si esce immediatamente dal campo dell’archeologia misteriosa e, dopo un giusto processo, si entra direttamente in carcere per truffa aggravata. Parola dell’art. 640 del codice penale!
Dal Libro dei dannati alla OopArt
L’archeologia misteriosa, per quanto labile e fantasiosa nei risultati, ha un’origine certa e noi l’abbiamo trovata. Tale Charles Fort scrittore statunitense di fine ‘800, dedito al paranormale, realizzò un’opera, Il libro dei dannati (The Book of the Damned – Boni and Liveright. Inc., New York, 1919) in cui catalogò migliaia di notizie pubblicate da giornali e riviste scientifiche, tutte riguardanti fatti o manufatti la cui incerta attribuzione a un’epoca storica, consentisse a Fort stesso di speculare sulla loro venuta ad esistenza e desse adito alla sua fantasia di sbizzarrirsi nelle ipotesi più assurde circa la loro natura.
Navigando nei libri di Fort, ci si imbatte nelle storie dei «“Dannati” e cioè – come spiega lo stesso autore – di tutto ciò che dalla scienza convenzionale è stato “escluso” e che invece merita di essere preso in considerazione e analizzato sotto aspetti paranormali». È allora che “reperti” zoomorfi piovono dal cielo e raccapriccianti amebe sbucano dall’ombra mentre il pianeta Genesistrine vomita pesci sulla Terra.
Da queste teorie alla OopArt, il passo è breve: l’Out of place articraf si occupa infatti dei cosiddetti Reperti fuori posto. Si tratta di oggetti archeologici la cui datazione risale ad epoche in cui è impossibile che tali manufatti siano potuti venire ad esistenza e dunque la loro origine andrebbe attribuita a misteriose civiltà extraterrestri.
Il Papiro Tulli, ad esempio, ritenuto un falso da tutta la comunità scientifica, è invece per gli pseudo-archeologi un valido reperto comprovante che millenni orsono gli egizi avvistarono gli Ufo. E, sempre secondo la OopArt, sono gli alieni che durante le loro “visite” sulla Terra hanno dato una mano a costruire i mastodontici Moai dell’isola di Pasqua e i dolmen di Stonehenge, mentre ancor prima avevano fornito ai neolitici le coordinate per orientare i loro villaggi trincerati.
Eureka!
La storia però insegna che anche le teorie più incredibili talvolta si possono rivelare esatte e cambiare il percorso scientifico dell’umanità, ma spesso è difficile riconoscerle. È il caso di Archimede, il super scienziato siracusano vissuto nel III secolo a. C. Ebbene, è paradossale, ma la tomba di Archimede, apparentemente rinvenuta dal grande Marco Tullio Cicerone, è tutt’oggi avvolta dal mistero e proprio l’archeologia scientifica non è riuscita ancora a confermare che la nicchia funeraria della necropoli di Grotticelle nel parco archeologico di Siracusa, sia la vera sepoltura del grande inventore siciliano.
Ma ancora più paradossale è che il genio sconfinato e pionieristico di Archimede lo ha fatto apparire ai suoi contemporanei, come uno strano soggetto, un tipo insomma che se fosse vissuto in tempi più recenti, sicuramente sarebbe stato etichettato come pseudo-scienziato, soprattutto quando fu visto correre nudo per la città gridando «Eureka!» o quando dichiarò che con la giusta leva e un punto di appoggio avrebbe addirittura sollevato il mondo!
Uomini che vedono il futuro
In una recente lectio magistralis il grande fisico, matematico e divulgatore scientifico, Antonino Zichichi, ha riportato l’attenzione di studiosi e media proprio sul suo celebre conterraneo di Sicilia. «Il caso di Archimede è un potente monito – ha detto Zichichi –; infatti se le sue scoperte straordinarie fossero state comprese e valorizzate a tempo debito, oggi potremmo essere migliaia di anni avanti rispetto a dove ci troviamo. Eppure l’eredità di uno dei più grandi geni della storia è stata in gran parte dimenticata per quasi duemila anni. È un problema – ha proseguito Zichichi – che tocca il cuore della nostra cultura moderna, che spesso si autodefinisce avanzata, ma che in realtà rimane prigioniera di vecchi schemi di pensiero che non riescono a comprendere pienamente l’importanza delle scoperte scientifiche».
Archimede e il professor Zichichi dunque sono come quegli «uomini che vedono realmente il futuro e cercano di portarci tutti con loro». Perché dunque non seguirli?
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