Arabia Saudita: Riyad sarà sede dell’Expo 2030
Il 28 novembre l’assemblea del Bureau International des Expositions (Bie) ha scelto Riyad (circa 8 milioni di abitanti), la capitale dell’Arabia Saudita, come sede dell’Expo 2030. Il Bie, che ha sede a Parigi, è l’organizzazione intergovernativa mondiale che cura la realizzazione delle esposizioni universali (Expo) che dal 2000 hanno luogo ogni 5 anni. Sono 182 i Paesi membri del Bie, ognuno dei quali ha un delegato con diritto di voto quando si tratta di decidere, ovviamente con anni di anticipo, la sede della prossima Expo, valutando le candidature.
Per il 2025, è stata scelta come sede, fin dal 2018, la città di Osaka, in Giappone, che ospita l’Expo per la terza volta (in precedenza: 1970, 2005). Per il 2030 erano arrivate al voto finale dell’assemblea Bie, 3 candidature: oltre a Riyad, la città sudcoreana di Busan, e Roma. Alla votazione di martedì 28 novembre erano presenti 165 delegati: Riyad ha ricevuto 119 voti, Busan 29 e Roma 17. Avendo la capitale saudita superato i 2/3 dei consensi, non c’è stato bisogno di ballottaggio. A parte svariate considerazioni (e battute) nazionali sul perché e percome Roma abbia fatto una tale figuraccia, resta il fatto che per la prima volta l’Expo (con tutto il prestigio, gli investimenti, i costi e i proventi che porta con sé) si terrà in Arabia (che stanzierà 7,8 miliardi di dollari per ospitare l’evento). Per la seconda volta nella storia una candidatura di Roma non si realizza: la prima e unica designazione era stata quella prevista per il 1942: si costruì, a partire dal 1935, la sede principale dell’Expo, quello che oggi è il quartiere dell’Eur (che significa appunto: Esposizione Universale Roma) con il “Colosseo quadrato” e tutto il resto. Ma l’Expo 1942 di Roma (che il governo fascista aveva fortemente voluto) alla fine non si fece a causa della guerra mondiale in pieno svolgimento.
Le principali Expo universali (storiche e registrate dal 2000) sono state 25, a partire dalla prima, a Londra, del 1851. Una delle più famose fu la seconda di Parigi, del 1889, che vide la costruzione, come simbolo dell’Expo, della Tour Eiffel. In Italia, considerando solo le Esposizioni universali storiche e quelle registrate dal Bie, si sono tenute solo 3 Expo: a Milano nel 1906 (la Fiera di Milano fu realizzata in quell’occasione), a Torino nel 1911 e di nuovo a Milano nel 2015.
La designazione di Riyad si affianca al progetto iniziato da alcuni anni (Vision 2030), promosso dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Mbs), che cerca di andare oltre l’economia centrata unicamente sul petrolio, aprendo le porte a sport, spettacolo, arte, cinema e cultura. Riyad Expo 2030 si inserisce in questa prospettiva, avviata da qualche anno, pur senza cancellare le perplessità in tema di diritti umani e libertà. «Le riforme introdotte dal 2019 – rileva un articolo del 29 novembre scorso apparso su Asianews – hanno toccato la sfera sociale e i diritti, fra cui il via libera per la guida alle donne, l’accesso (controllato) agli stadi e potenziato l’industria dell’intrattenimento e le nuove tecnologie, oltre all’ambito religioso con un progressivo abbandono del “wahhabismo”. Tuttavia, gli arresti di alti funzionari e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche e la vicenda Khashoggi hanno gettato più di un’ombra sul reale cambiamento».
Il tema principale di Riyad Expo 2030 sarà “Guardiamo insieme al futuro”. La grande esposizione (226 padiglioni) si terrà vicino all’aeroporto internazionale King Salman, collegato al sito espositivo dalla metropolitana cittadina.
Negli annunci ufficiali, il regno saudita ha annunciato l’obiettivo di rendere Riyad Expo 2030 l’esposizione universale più sostenibile e influente di sempre, con un impatto positivo sull’ambiente, iniziative di rimboschimento urbano e allestimento di nuove fonti energetiche rinnovabili, oltre a prevedere il riuso del sito dopo la manifestazione. I proclami, a dir la verità, suonano un tantino pretenziosi. Come del resto i progetti di Vision 2030.
Una coincidenza di data è anche l’avvio effettivo, negli ultimi mesi, dei lavori per la realizzazione dell’avveniristica città di Neom, nome che associa il termine greco neós (nuovo) all’arabo mustaqbal (futuro). La conclusione del progetto è prevista proprio per il 2030. Sorgerà sulle rive del Mar Rosso e prevede l’edificazione in una zona semi-desertica di un centro abitato (per 5-9 milioni di abitanti) disposto lungo un’unica linea lunga 170 chilometri e larga solo 200 metri, che sarà collegata da un estremo all’altro in circa 20 minuti da un treno ultraveloce. Una città senza automobili, ecosostenibile e connessa esclusivamente a fonti energetiche rinnovabili (solare ed eolico). Come sempre non è tutto oro quello che luccica: per ottenere spazi al nuovo futuro, sono state allontanate a forza intere popolazioni beduine che abitavano la regione da secoli.
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