Appaio quindi sono

Il presidente della Repubblica ha nuovamente richiamato i politici a non essere smaniosi di apparire in televisione.Ma la loro pecca fa parte di un costume comune. Non è vero che, anche in questo, i politici rappresentano il Paese? Il loro pigia pigia per essere ripresi dalla telecamera è specchio dei loro concittadini. Un volta si diceva che tanti italiani erano dei guardoni, piaceva loro guardare. Oggi piace essere guardati. A cominciare da quelli che, dietro il cronista del telegiornale, si assiepano in una posa di falsa indifferenza, ma bramosi di essere visti. Ci sono poi quelli che, tra la folla, quando si accorgono di essere casualmente ripresi da una telecamera, si sbracciano gioiosi di apparire finalmente, anche loro!, in tv. Si sale di grado e si giunge tra il pubblico dei talk show o degli spettacoli di varietà obbediente ai segnali di applaudire, ridere…; pubblico anonimo, ma che sempre ha la chance di una inquadratura di primo piano. Se poi uno giunge a partecipare ad un quiz tocca quasi il cielo con un dito. Il massimo del giubilo dev’essere, comunque, quando per strada uno ti ferma e dice: Ma lei l’ho vista in tv!. Dietro c’è una filosofia. Non quella di Cartesio, che asseriva: Cogito, ergo sum. Non quella di Mounier, per il quale l’identità della persona era data dal rapporto: Amo, quindi sono. La nuova filosofia, nell’era dell’immagine, si riassume in una nuova formula: Appaio, quindi sono. I più pensano alla televisione, ma si può apparire sul sito web, su you tube, sul cellulare…, basta che qualcuno ti veda. Voglia di protagonismo, esibizionismo, narcisismo, esistenza ridotta all’apparenza e quindi inconsistente? Un po’ di tutto questo. Una moda da esecrare, soprattutto se si pensa a chi non apparirà mai su uno schermo: i poveri, i vecchi, i malati, i carcerati, i miliardi di uomini e donne che vivono ai margini della società opulenta, fuori dalla portata di uno zoom: non esisterebbero perché senza visibilità mediatica? Eppure anche dietro questa visione distorta dell’esistenza mi sembra di intravedere un’esigenza vera dell’animo umano. E mi torna alla mente la preghiera di un ateo russo, Aleksandr Zinov’ev: Ti supplico, mio Dio, cerca di esistere, almeno un poco, per me, apri i tuoi occhi, ti supplico!… sforzati di vedere, te ne prego! Vivere senza testimoni, quale inferno!. Non si può vivere senza Qualcuno che ci guarda, consapevole del nostro esistere e che, con ciò, ci rende a nostra volta consapevoli del nostro essere. Non si può vivere senza condividere l’esperienza del vivere.

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