Apicoltura urbana, la natura in città

Guido Cortese è Presidente dell’Associazione torinese Impollinatori Metropolitani, nata da una comunità di Slow Food come strumento di educazione e sensibilizzazione alla biodiversità, e fa parte dello Staff nazionale della rete degli apicoltori urbani. Lo abbiamo intervistato in occasione della Giornata Mondiale della Terra
(Foto: Impollinatori metropolitani Aps)

Può dirci come nasce l’Associazione Impollinatori Metropolitani?

Sono un apicoltore, oltre che un informatico, e chi fa apicoltura oggi conosce benissimo quali siano le difficoltà nel fare miele. Prima della nascita dell’Associazione ero presidente di Slow Food a Torino. Allora le attività associative e di divulgazione erano diverse, si parlava di altri concetti legati comunque alla tutela della biodiversità. Negli ultimi anni c’è stato un peggioramento della situazione, e gli effetti della crisi climatica si percepiscono soprattutto nel mondo agricolo. Ora c’è una forte attenzione nei confronti delle api, che sono diventate un elemento discriminante rispetto al tema dei cambiamenti climatici o della difesa dell’ambiente. L’idea di fondare questa associazione non è solo quella di parlare delle api e degli insetti impollinatori, ma ci occupiamo di progetti di rigenerazione ambientale e sociale perché seguiamo sia la materia urbana dell’ambiente, sia l’aspetto urbano della società.

(Foto: Impollinatori Metropolitani Aps)

C’è un progetto che le sta particolarmente a cuore?

Siamo partiti da poco con una raccolta fondi per il Progetto Fioraia, che mira alla rinascita e alla ricostruzione dei paesaggi; con l’idea di creare delle comunità che si aiutano attraverso degli scambi di tempo e di competenze, in modo tale da dare delle risorse ai produttori, agli allevatori – principalmente di vacche da latte e da carne – ma al tempo stesso di ricreare delle grandi aree di nutrimento per gli insetti impollinatori. Come Associazione sosteniamo il progetto attraverso l’acquisto di semi e il supporto tecnico scientifico, cercando di dare strumenti affinché le persone tornino in queste aree che nell’arco di 20-30 anni rischiano di perdere biodiversità a causa dei cambiamenti climatici, dell’agricoltura intensiva e anche per il fatto che i giovani hanno smesso di vivere in montagna perché hanno cambiato prospettive di lavoro. Anche per questo oggi gli insetti impollinatori sono meno, alcuni sono estinti e altri rischiano l’estinzione, e con essi anche la catena di animali (come uccelli e predatori di insetti) che ne consegue, e l’apicoltura stanziale è a forte rischio.

(Foto: Impollinatori metropolitani Aps)

Il progetto mira a ripristinare l’equilibrio dei paesaggi creando un modello di circolarità: chi è proprietario dei terreni li dà in comodato d’uso gratuito agli allevatori che li lavorano, e in cambio ottengono fieno di altissima qualità per nutrire le mucche e una produzione di latte e formaggio altrettanto di qualità che potranno vendere meglio.

 

Cosa sono i corridoi ecologici urbani?

Torino è la sede di tante specie di insetti. Questo progetto mira a individuare quelle zone di Torino in cui rigenerare gli spazi pubblici, dove in questo momento c’è poco verde o poca funzionalità rispetto alle esigenze urbane di abbattere le isole di calore, offrire aree di benessere e riposo, offrire cibo per gli insetti impollinatori, naturalmente bellezza e maggiore senso di naturalezza e di assonanza con l’ambiente urbano o rurale.

In via Calandra c’è un movimento nato dal basso con l’idea di coinvolgere negozianti e cittadini, e giorni fa è stato fatto un flash flowers mob per mettere insieme le energie e creare un “corridoio” verde nella via. Questo è accaduto anche in altre parti della città, e noi vorremmo connettere queste iniziative attraverso un progetto strutturato. L’idea dei corridoi è quella di creare un percorso turistico e ciclo pedonale attraverso i luoghi di rigenerazione: orti urbani, parchi protetti, i 3 fiumi, i luoghi in cui ci sono le api.

(Foto: Impollinatori metropolitani Aps)

L’Associazione promuove anche progetti di inclusione sociale. Può raccontarcene uno?

C’è il progetto “Siamo api” di Falchera, che abbiamo concluso l’anno scorso. Falchera è un quartiere nella periferia di Torino, che risente di molta disoccupazione. Abbiamo individuato 12 persone, uomini e donne in condizioni di difficoltà psichiche o economiche, e con loro abbiamo avviato un corso di teoria e di pratica di apicoltura, di ecologia urbana e di educazione ambientale cercando così di formare persone più consapevoli, capaci di avere anche uno strumento di professione.

 

Che rapporto hanno le persone con le api?

Dove ci sono progetti educativi avviati oramai da molti anni le famiglie sono amiche delle api, hanno perso il concetto di paura. Nei laboratori didattici cerchiamo di lavorare molto sul concetto del piccolo, perché purtroppo a scuola siamo abituati ad amare le cose grandi: i cavalli, le mucche, gli elefanti. Api, cavallette, spesso sono associate a concetti negativi e questo genera istintivamente un processo mentale di difesa e di paura che, però, può essere mitigato con l’esperienza diretta con le api e con molti strumenti educativi.

(Foto: Impollinatori metropolitani Aps)

In che modo attraverso la didattica si possono mettere in dialogo i concetti di piccolo e di diversità?

A livello educativo abbiamo lavorato molto sul tema della diversità culturale e sociale. Torino è una città multietnica, è un grande “laboratorio” da questo punto di vista. Abbiamo fatto anche un laboratorio a ciclo continuo per parlare di quanto, nell’arco di milioni di anni, si siano evolute le piante e gli insetti. Quando parliamo del “piccolo” spieghiamo la bellezza della diversità: ad esempio, esistono più di 1000 specie di api, ci sono anche impollinatori notturni, ciascuno con caratteristiche diverse. Anche i fiori, le piante hanno tempi diversi per produrre il nettare e le api ‘lo sanno!’. Questo ci permette di raccontare tantissime storie che hanno a che fare con la diversità, il senso di connessione e di simbiosi con l’ambiente. La diversità è bella da raccontare perché spiega quanto siamo diversi anche noi.

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