Antonio guerriero di Dio
È l’opera prima del regista padovano Antonello Belluco. Una santità presentata in modo semplice e umano. Senza miracoli. Non aspettarsi il santino a cui tante fiction ci hanno abituato. L’Antonio, portoghese sbattuto dalle tempesta in Sicilia, di lì risalito al capitolo delle stuoie ad Assisi, dove incontra Francesco, è un defensor civitatis. È lui che ha liberato Padova dall’usura – racconta Belluco, 50 anni giovanili, padovano doc -. Era l’unico modo di stare dalla parte dei poveri. La gente lo straamava, come fosse oggi una rockstar, perché Antonio era povero tra i poveri, pur essendo coltissimo e con una mente politica . Un santità certo presentata in modo molto umano. Se penso ai santi di oggi come padre Kolbe o Madre Teresa, vedo gente che si è rimboccata le maniche, ha lavorato, ha sofferto tra i poveri come Antonio ai suoi tempi. E i famosi miracoli? Nel film ce n’è solo uno – quasi in sordina – quello dei pesci a Rimini… Ricordo un fatto singolare – racconta Antonello -. Ci trovavamo a Sabaudia per girare questa scena, ad un certo momento vedo un nugolo di pesci che saltano vorticosamente in acqua. Un fenomeno strano, che ha sbalordito la trentina di persone intorno. Mi hanno chiamato. Jordi (Mollà, in protagonista) che doveva a quel punto girare la scena, aveva paura, non voleva più entrare in acqua. Sarà stata una combinazione, ma l’ho presa come una felice circostanza accaduta proprio nell’occasione di quella scena, che poi è rimasta nel film. Certo, realizzare un’opera- kolossal per scene costumi fotografia su di un santo, è stata una impresa rischiosa. Ci abbiamo impiegato nove settimane e mezzo di lavoro – spiega Belluco -, dopo aver cambiato ben 32 sceneggiature. Ma il produttore Angelo Rossi ci ha creduto, ha lavorato con molta caparbietà dopo che due anni e mezzo fa gli avevo presentato il progetto. Il mio è un film particolare, ci vuole un pubblico che abbia il coraggio di scegliere. Spero anche che funzioni il passaparola. Ho cercato di creare una storia, quella di Folco, un ladro convertito da Antonio – che è poi tutti noi -: mi ha dato l’opportunità di delineare a grandi tappe la vicenda del santo, badando molto ai dettagli, al loro carattere spesso simbolico. Naturalmente, non sono mancati i problemi – tanti – ma avevo una fede che mi accompagnava e mi diceva che le difficoltà si sarebbero risolte. Stupisce la scelta come protagonista dello spagnolo Jordi Mollà, un attore impegnato in film di tutt’altro genere. Cercavamo un attore internazionale. Guardando un suo film Bad boys 2 con mia figlia, mi convinsi che se fosse riuscito a trasportare il suo carisma da quella parte negativa, du- ra, a quella buona, sicuramente avrebbe potuto dare molto, perché ha degli occhi che parlano. Ed è successo, ci capivamo sul set con un’occhiata. Jordi, che possiede una grande umanità, mi ha detto che la sua vita è cambiata dopo questo film. Ma cosa spinge Belluco a tentare un lavoro del genere, dopo un ventennio in cui fa il professore di comunicazione di massa, il regista pubblicitario, eccetera? Questo film vuole essere un dono – racconta – ad Antonio, un amico che mi ha accompagnato fin dall’infanzia quando andavo nella sua basilica con i nonni. Ora vorrei che il suo messaggio – di amore, di solidarietà – sia portato fuori, vada in giro . È possibile. Il film, acquistato ormai da molti Paesi extraeuropei, è destinato a viaggiare. Lui, Antonello Belluco, intanto pensa già alla sua opera seconda: Si chiamerà L’ultima generazione e tratterà della clonazione umana. Regia di Antonello Belluco e Sandro Cecca; con Jordi Mollà, Paolo De Vite, Marta Jacopini, Arnoldo Foà.