Antibiotici sempre meno efficaci, come affrontare il superbatterio?

La notizia di batteri resistente agli antibiotici procura preoccupazione, ma non è in corso un’epidemia. Le cause sono nell’uso inappropriato degli antibiotici adoperati con grande superficialità
antibiotici

La notizia dell’isolamento, dalle urine di una paziente statunitense, di una forma di E. coli resistente agli antibiotici di ultima generazione è rimbalzata nei media internazionali procurando preoccupazione e confusione.

 

È importante chiarire che l’allarme non è legato allo scatenarsi di una sorta di “epidemia”; i microrganismi coinvolti sono quelli che provocano le “normali” infezioni urinarie, specialmente nei pazienti allettati o ricoverati. In questo caso, nello studiare il batterio per individuare il trattamento migliore si è riscontrata resistenza alla Colistina, abitualmente l’ultima arma efficace in caso di resistenza agli antibiotici. Questo dato ha generato molta preoccupazione perché c’è il timore assai concreto che il gene mcr-1, trovato nel batterio e responsabile di questa capacità, si possa diffondere ad altri ceppi presenti nell’ambiente.

 

Il problema della diffusione di batteri sempre più insensibili ai trattamenti assume le dimensioni di una vera emergenza planetaria; i meccanismi con i quali i microrganismi sviluppano resistenza si sono dimostrati molto più rapidi delle capacità di industria e ricerca di individuare nuove e più efficaci molecole con cui sconfiggerli. E la colpa è nostra.

 

Le cause infatti, ben chiarite in un “fact sheet” per il pubblico del centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, risiedono sia nell’utilizzo inappropriato degli antibiotici, adoperati quando non servono e con larga superficialità, sia nel grande utilizzo negli allevamenti animali.

 

Il risultato è l’impossibilità di trattare infezioni anche banali che, specialmente nei pazienti in condizioni critiche, possono progredire senza controllo. L’incremento della diffusione di questo problema, particolarmente grave nel nostro Paese, comporta il rischio reale di avviarci verso un era “post-antibiotica”, nella quale la mortalità di complicazioni o infezioni oggi banali tornerebbe ad essere elevata e diventerebbero impossibili procedure come i trapianti, le chemioterapie, il ricorso a terapie intensive di supporto. Un passo indietro di decenni, dalle conseguenze difficili da immaginare.

 

L’utilizzo responsabile delle terapie antibiotiche è l’unico fattore in grado di prevenire il fenomeno che, nei Paesi dove viene applicato in modo efficace, è molto meno grave; ma questo richiede l’applicazione rigorosa di regole semplici, da parte di medici e pazienti.

 

È importante capire che le terapie antibiotiche, specie quelle “fai da te” o inutilmente applicate, possono aprire la strada alla proliferazione dei germi multiresistenti eventualmente presenti: essendo insensibili agli antibiotici, questi si trovano avvantaggiati dalla scomparsa di batteri innocui, che vivono nel corpo umano e impediscono la crescita dei “superbatteri”. I quali, a quel punto, diventano invincibili.


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