Anna, una vittima
Ha voluto il potere, ora Enrico VIII si è innamorato della sua dama, Jane Seymour, e con la falsa accusa di adulterio, la manda a morte. Vittima di un amore sbagliato, Anna Bolena, musicata da Donizetti nel 1830, è opera di dolore e di pathos, di nostalgie. Fra cori dolci e tristi, arie e pezzi d’insieme ora furenti ora mesti, chiude i due atti nel delirio di Anna: passa dal ricordo del primo amore alla preghiera e al perdono. Nella morte si redime l’errore e la passione trova la sua catarsi. Anna è opera ardua per i cantanti e per l’orchestra. Il Regio di Parma con coraggio ha allestito uno spettacolo essenziale: regia semplice di Alfonso Antioniozzi, scene goticheggianti di Monica Magnabelli, costumi anni ’30 di Gianluca Falaschi. Valido il cast femminile (Yolanda Auyanet, soprano incisivo, specie nei pianissimi, Sonia Ganassi, la vivace Martina Belli), “rossiniano” il Percy di Giulio Pelligra. Il basso Marco Spotti, splendido Enrico, non s’è potuto ascoltare nelle repliche. Punto debole la direzione macchinosa di Fabrizio Maria Carminati, forse per le poche prove. Anna merita molto: basti la preghiera finale Cielo a’ miei lunghi spasimi a dire la grandezza della pietas donizettiana.