Anna Karenina

Diretto magistralmente da John Wright e con un cast formidabile racconta la storia di una passione amorosa, tratta dal celebre romanzo di Tolstoj. Per chi ama il mondo delle fiabe, invece, è in uscita Pinocchio di Enzo d'Alo, con musiche di Lucio Dalla. Tutta da ridere Gambit con Colin Firth e Cameron Diaz. Per palati forti, invece, The Summit, sulle violenze del G8 di Genova
Film Anna Karenina

Gran filmone dei vecchi tempi, dalle scene e dai costumi fastosi, Anna Karenina, diretto magistralmente da John Wright, racconta la storia di una passione amorosa, come sa chi ha letto il romanzo di Tolstoj. Passioni, amori, rancori, voluttà. Ossia, l’esplorazione dell’animo umano, specie al femminile. Situato in un ambiente teatrale “dal vivo”, con tanto di sipario, palcoscenico, corde, carrucole e assi, per dare l’idea che stiamo assistendo ad una rappresentazione della vita umana che, anche se racconta una storia dell’Ottocento, presenta risvolti molto attuali. Siamo dunque dentro una "finzione”, che però dice la vita. Il trucco funziona benissimo e un cast formidabile (dall’intensa e istintiva, fin troppo, Keira Knightley, al gelido Jude Law, dall’ambiguo Aaron Taylor-Johnson alla flessuosa Kelly Macdonald) dà corpo e anima alla storia d’amore, di dolore, di morte e di redenzione. Sempre possibile sulla faccia della terra. Un ritmo per grandi tableaux vivents, intensi e talora struggenti, in cui i piccoli attori brillano come le star, grazie alla regia molto minuziosa e a una fotografia che privilegia i primi piani – gli occhi – alternandoli con interni fastosi, lucidi ed esterni caldi di luce. Ciakovskiana la musica espressiva di Dario Marinelli. Un’opera di grande fascino.

Fascino è ancora un termine adatto per parlare di Pinocchio, il film di animazione di Enzo d’Alò, ispirato alla fiaba di Collodi, uno dei libri più letti al mondo, tuttora. Ed è proprio all’originale che il regista si rifà, ad esempio, disegnando la fata turchina come una bambina, non una donna adulta. La storia è nota e il disegno di d’Alò la inserisce nel paesaggio toscano, passando dagli sfondi dell’Angelico e di Piero della Francesca a Rosai, Boccioni, Sironi e De Chirico, in una panoramica tra classicismo, futurismo e visione metafisica di forte suggestione visiva ed espressiva. Le musiche sono di Lucio Dalla, un appassionato di Rossini, tant’è vero che la canzone-guida del film è un ritocco di un’aria della Cenerentola. Lavoro raffinato nello stile, riflessivo sull’infanzia e sull'educazione, classico eppur moderno, piacerà ai bambini sofisticati d’oggi, o agli adulti spesso abituati ai blockbuster americani o alle commedie semplicistiche nostrane? Vediamo come risponde il botteghino, di fronte a un prodotto pieno di magia.

Sfonda sullo schermo Gabriele Salvatores con  Educazione siberiana, tratto dal romanzo di Nicolai Lilin. Una fotografia semplicemente stupenda ci immette nelle Siberia nevosa, dove tradizioni antiche che uniscono religione a violenza convivono con l’epoca che va dagli anni staliniani in una città diventata un ghetto per criminali di varie etnie al post ’89 e alla nuova ventata di libertà e di criminalità. Personaggio centrale è nonno Kuzja, capo del clan criminale siberiano (interpretato da un gigantesco John Malkovich) educatore e  formatore di due bambini, Kolina e Gagarin, che diventeranno amici inseparabili. È un’educazione alla liceità di un certo tipo di violenza, basata su alcune regole ataviche, che rendono gli uomini forti e duri. Il tempo scorre, la mentalità cambia: i due crescono e le loro vite si distinguono, Kolima riflessivo e rispettoso di una ragazza folle andrà poi alla ricerca di Gagarin, sbandato e ribelle.

L’incontro fra i due in mezzo alle foreste nevose è il simbolo delle due Russie che ormai convivono, la difficoltà di inserire il nuovo con la tradizione, il miraggio dei soldi con le “virtù” antiche. E Kolima dovrà scegliere… Salvatores racconta in un affresco asciutto e lucido l’anima profonda del Sud della Russia, i sentimenti esplosivi dei giovani, l’energia dei vecchi, le ribellioni  e le violenze.

Il film è duro e attualizza, pur nella finzione del racconto ”siberiano”, il problema dell’educazione delle nuove generazioni in un Occidente non meno violento della Siberia. Il rischio è di restare tuttavia un poco in superficie, volendo descrivere molte cose, per cui il prodotto risulta di alta perfezione formale (i due attori russi, giovani e bambini, sono formidabili, le musiche quanto mai appropriate), di livello certo internazionale – il che non è poco –: una tragedia siberiana, si dovrebbe dire, vista con un certo occhio fatalistico, i cui punti forse migliori sono gli sguardi dei piccoli (un film nel film) e alcune scene fra poesia e tragedia.

Per chi ama il genere poliziesco ecco il sanguinolento Gangster Squad dove brilla l’astro giovanile di Ryan Gosling e impallidisce, gigioneggiando, Sean Penn, cattivissimo nella Los Angeles brutale del 1949.

Divertente – almeno dieci minuti di risate sono assicurate – la commedia truffaldina Gambit con un irresistibile Colin Firth ed una scaltrissima Cameron Diaz. Vedere per credere.

Per chi infine vuole vedere dal vivo le brutalità del G8 a Genova, ecco il documentario, per palati forti, The Summit di Franco Fracassi e Massimo Lauria. Terribile, ma vero.

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