Animali (insoliti) nell’Urbe
Non mi riferisco alla pantera fuggita nel febbraio del 2005 da uno zoo privato e oggetto di una vera e propria “caccia grossa“ nella zona di Roma Sud (incidenti, questi, spesso all’origine di leggende metropolitane). Ma ad altri – anch’essi piuttosto insoliti – che a differenza di quelli domestici, debitamente custoditi dall’uomo, vagano “a piede libero“nella capitale come presenze abituali oppure avvistati di quando in quando dove meno ce lo si aspetta, magari in pieno centro. E questo perché in fondo una città, pur con tutti i rischi che comporta, offre maggiori possibilità di sopravvivenza a chi ha visto il proprio habitat minacciato e ridotto ai minimi termini.
Cominciamo il nostro percorso da…
I granchi di Traiano
Se ne parla solo da quando, di recente, un gruppo di ricercatori dell’Università di Roma 3 si è proposto di studiarli, ma la notizia dei primi avvistamenti risale a una ventina di anni fa. Curiosa notizia in verità: nel cuore della Roma imperiale, e precisamente in mezzo ai ruderi del Foro di Traiano celebre per quei Mercati all’avanguardia per efficienza, prospera una colonia di granchi d’acqua dolce, nome corrente dei Potamon fluviatili. Non solo, ma si è notato che invece di misurare mediamente 35-45 millimetri, il carapace ovvero la corazza di questi granchi può arrivare fino a quasi 7 centimetri di larghezza.
Granchi, quindi, fuori misura, che evidentemente hanno trovato nella capitale un habitat particolarmente favorevole. Ma come ci sono arrivati?
Gli esperti non si meravigliano: il sottosuolo di Roma è ricchissimo di acque, e nella Cloaca Massima, meraviglia dell’ingegneria tuttora funzionante dall’epoca dei primi re, confluisce un intrico di canali e canaletti che drenavano in particolare il sottosuolo dei Fori Imperiali. Proprio attraverso questa rete misteriosa e quasi inesplorata, i Potamon sarebbero arrivati dal Tevere.
Un benvenuto anche ai granchi, dunque, in questa Roma sempre ospitale. Con l’augurio che, nei recinti che delimitano le aree archeologiche, continuino a prosperare. Attenti però a quei gabbiani che, sempre forniti di formidabile appetito, sorvolano piazza Venezia e zone circostanti, per nulla intimiditi dal nome augusto di Traiano.
E a proposito di gabbiani…
Da tempo ormai sono di casa anche loro nella Città Eterna, giunti qui risalendo il Tevere. Fenomeno comune anche ad altre città, che questi volatili tipici dell’habitat marino hanno eletto a loro domicilio perché attratti dalle discariche a cielo aperto e dagli altri residui mangerecci che sempre abbondano là dove si concentrano gli esseri umani.
Dagli immediati paraggi del fiume, sciamano i gabbiani “romani“ anche nell’interno, sostando in cima ai monumenti e sui terrazzi di qualche antico palazzo, per poi calare nelle vie e piazze centrali a disputare con una certa prepotenza dovuta alla loro stazza il cibo ai più comuni storni, piccioni e cornacchie.
Ma dove destano più ammirazione è quando, nelle notti serene, avvolgono con le loro eleganti evoluzioni la mole marmorea del Vittoriano e le colonne dei Fori, entrando e uscendo come fantastiche creature dal cerchio d’ombra dei riflettori. Allora, non più interessati alla ricerca di cibo, sembrano dediti unicamente allo svago. Oppure a qualche misteriosa cerimonia nota solo a loro, finalmente compresi della dignità e sacralità del luogo?
Gheppi al Colosseo, pappagalli sui sette colli
Ancora volatili. Dai più nostrani gheppi, falchi di dimensioni ridotte per i quali i ricercatori dell’associazione Ornis italica hanno attrezzato delle “cassette nido“ in varie zone della capitale e addirittura nel Colosseo, alle centinaia e centinaia di uccelli esotici fuggiti dalle gabbie o liberati da padroni poco accorti o pazienti, che qui hanno trovato un clima accogliente, cibo sugli alberi da frutta nei giardini e nei parchi, e un cielo sgombro da predatori, fatta eccezione dei già citati falchetti, in numero peraltro ridotto.
Si tratta per lo più di pappagalli originari dell’Africa e dell’Asia, di merli indiani, di uccelli tessitori africani, che si sono perfettamente adattati riproducendosi e nidificando. Da Villa Borghese a Villa Torlonia, a Villa Pamphilj, alla Magliana, a Monteverde Vecchio, alla Caffarella, il parco romano più ricco di fauna, all’Appia Antica, e più lontano ancora, fino a Maccarese. Un fenomeno che interessa anche altre città italiane, ma che assume proporzioni assolutamente vistose a Roma grazie alla sua abbondanza di verde.
I cormorani del Tevere
Non è finita con gli uccelli insoliti. Da qualche anno, lungo le rive del Tevere che conservano un po’ di verde spontaneo, come nel tratto davanti al Ministero della Marina, si è perfettamente adattata una colonia di cormorani, quei grossi uccelli dal lungo collo la cui capacità “pescatrice“ è stata sfruttata da sempre dall’uomo, in tanti Paesi dell’Asia. Quante volte, nei documentari naturalistici, li abbiamo visti forniti di un anello che impediva loro di inghiottire una preda da riportare invece all’uomo se volevano, di tanto in tanto, avere la ricompensa di un pesciolino! Qui almeno vengono lasciati in pace. Formano uno spettacolo singolare soprattutto quando, sui rami delle robinie o delle acacie cresciute sugli argini del Tevere, sostano immobili prendendo il sole con le ali allargate, incuranti del traffico tumultuoso a qualche metro appena sopra di loro.