Anima vagula blandula. Adriano
Il rumore del vento, accompagnato dall’incessante scricchiolio di una sedia a dondolo che, come un metronomo, scandisce il tempo. Adagiato, di spalle, come su un trono, lui: Adriano, interpretato magistralmente da Roberto Santi.
L’imperatore contempla le tessere che compongono il mosaico della sua vita. La musica evocativa, sapientemente orchestrata da Alessio Moneta, dà l’avvio a un monologo di sessanta minuti che porta lo spettatore, in un volo pindarico, alla scoperta delle vicissitudini di uno fra i più romantici personaggi dell’epoca romana.
Attraverso la spoliazione della scenografia, Adriano si mette a nudo psicanalizzandosi. Il giovane autore, Flavio Marigliani, con la complicità di Santi, prende spunto dai testi latini per scegliere questa linea stilistica che si sposa sapientemente con un racconto fluido. Scontato, anche per stessa ammissione dello scrittore, il confronto con grandi pezzi della letteratura teatrale universale, come le pièce shakespeariane dell’Amleto, del Riccardo III o il tema dominante dell’attesa presente in Beckett.
Tematica centrale dell’opera è la parafrasi dell’insoddisfazione umana, sintomo dilagante in questo tempo di crisi. Eppure, sia Santi che Marigliani affermano che Adriano non può esistere oggi all’interno della collettività, men che meno nella vita politica del nostro Paese. Alla richiesta di un confronto con il “cugino maggiore” portato in scena da Scaparro e Albertazzi per vent’anni nei cartelloni internazionali, Santi fa chapeau.
L’attore, originario di Tivoli, nel bene o nel male è sempre stato sfiorato dai luoghi cari all’imperatore, eppure non l’ha mai interpretato prima d’ora. L’idea gli è stata suggerita da un amico attore di Bari che gli ha fatto notare una certa similitudine fisionomica. Grande è stato il timore reverenziale nei confronti di Albertazzi e, solo leggendo il testo del giovane autore trentenne, è riuscito a trovare la chiave drammaturgica per portarlo in scena. Lodevole è la sfida dell’attore che, nella sua esperienza cinquantennale, ha voluto scommettere in un ragazzo, cosa che accade assai di rado. Si suggerisce, quindi, la visione dello spettacolo al Teatro dell’Orologio per rafforzare questo connubio. La pièce sarà in scena alla Sala Orfeo fino a domenica 18 marzo.