Angola, droni contro le mine anti uomo

Droni con sensori termici sono utilizzati da Halo Trust, l'ente di beneficenza britannico per localizzare e disinnescare le mine lungo un corridoio che attraversa Angola, Zambia, Namibia, Botswana e Zimbabwe. Un lavoro che non solo salverà la vita di migliaia di persone, ma che consentirà la conservazione della fauna selvatica e lo sviluppo delle popolazioni
(AP Photo/Tsvangirayi Mukwazhi/File)

Durante i 27 anni di guerra civile in Angola, dal 1975 al 2002, milioni di famiglie sono state costrette ad abbandonare le proprie case ed anche con la fine dei combattimenti, le tracce della guerra hanno continuato a mietere vittime. Le mine antiuomo, disseminate nei campi e nei villaggi, continuano ad uccidere e ferire quotidianamente migliaia di persone.

Halo Trust, l’ente di beneficenza britannico per lo sminamento, presente in Angola dal 1994, ha avviato un progetto unico in collaborazione con il governo angolano con l’obiettivo di eliminare le mine antiuomo all’interno dell’area di conservazione Kavango-Zambezi, un territorio che fa parte di 5 paesi dell’Africa centro-meridionale (Angola, Zambia, Namibia, Botswana e Zimbabwe), dove si trovano la maggior parte dei campi minati.

Le bonifiche coordinate dalla ONG, riguardano un percorso lungo 16 chilometri, e sono portate avanti grazie all’utilizzo di droni con sensori termici e tecnologie di telerilevamento lidar, una tecnica che consente di individuare e fotografare le mine anche in zone dove la foresta è più fitta e dove, quindi, sarebbe più complicato localizzarle.

Un lavoro che non solo salverà la vita di migliaia di persone, ma che consentirà la conservazione della fauna selvatica e lo sviluppo delle popolazioni. La bonifica di un territorio così prosperoso consentirà infatti ai contadini di occupare e coltivare le terre, di accedere a risorse vitali come l’acqua, di costruire e portare il bestiame al pascolo.

Inoltre, la presenza degli ordigni inesplosi, impedisce da decenni agli elefanti migranti dal Botswana di fare ritorno al proprio habitat nativo in Angola, costringendo gli animali ad un cambio di rotta che spesso porta all’irruzione dei pachidermi nei campi coltivati e nei villaggi, distruggendo le abitazioni, mettendo a rischio l’approvvigionamento di cibo e creando seri problemi ai contadini.

Un progetto, che se portato a termine, aiuterà nella tutela della fauna selvatica oltre ad assicurare un futuro più sicuro all’intero paese.

 

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