Angeli del fango
I genovesi sono stati i primi a rimboccarsi le maniche per arginare l’inondazione che aveva invaso la loro città.
Mi sono accorto di loro nottetempo sentendoli replicare via radio a un cronista che li aveva scambiati per black block. Protestavano che loro erano normalissimi ragazzi genovesi, mobilitati dal tam tam delle notizie sull’alluvione che stava inondando la loro città. E tali apparivano veramente. Ragazzi di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali, pieni soprattutto di buona volontà. Erano armati di attrezzi appropiati come badili e pale, o improbabili come aspiratori elettrici raccogli-tutto.
Si presentavano imbrattati di fango da capo a piedi come chi aveva lavorato di buona lena in quel pantano per ore. Erano gli “angeli del fango”, figli o nipoti forse di quegli stessi angeli che avevo visti all’opera a Firenze tanti anni prima, quando esondò l’Arno. Questi erano genovesi. Ma non era forse di Portoria il ragazzo genovese chiamato Balilla noto a noi dai banchi di scuola, per avere innescato la scintilla della rivolta popolare contro gli usurpatori della libertà? Nelle emergenze vere riaffiora il meglio della gente. Oggi come allora, come sempre, ci auguriamo.