Andiamo a prendere un cappuccino

Due amici si ritrovano. Quel viaggio difficoltoso poteva essere fonte di agitazione, e invece…
Treno

È già passato parecchio tempo, ma ogni volta che prendo un treno mi ricordo di questo episodio. Ora con le compagnie low cost si prende l’aereo con più facilità, ma allora il percorso per il Belgio si svolgeva spesso in treno.

Ero salito proveniente da Venezia diretto a Milano già con parecchio ritardo e avevo sperato nella possibilità che recuperasse nel rimanente tratto, invece le soste si moltiplicarono. La neve mi aveva procurato un bel contrattempo. Ero stato per le feste natalizie in famiglia e ora mi accingevo a tornare a Bruxelles assieme al mio amico Renzo che mi aspettava a Milano per fare il resto del viaggio assieme.

 

Mi sembrava di aver preso un sufficiente margine per la corrispondenza, ma questo ritardo era fuori da ogni previsione. Mi sentivo colpevole perché avrei fatto perdere il treno pure a Renzo. Ero agitato, soprattutto per lui, ma non serviva a niente mettersi a correre sul treno per arrivare più in fretta. Cercavo di distrarmi con i bei paesaggi della campagna piena di neve, ma l’agitazione ritornava alla carica dentro di me: non riuscivo a staccarmene. Arrivati in stazione, sembrava che il treno mi volesse mettere alla prova ulteriormente: avanzava infatti con una lentezza esasperante. Pensavo a Renzo che il giorno dopo doveva andare al lavoro e aveva un appuntamento importante, ma non saremmo mai arrivati in tempo. In cuor mio speravo che avesse rinunciato a viaggiare con me e che almeno lui avesse preso il treno per Bruxelles.

 

Il mio amico invece era sul binario, dove mi aspettava tranquillamente con un grande sorriso: per niente contrariato, si interessò a me, se avevo fatto buon viaggio, se avevo avuto freddo, e mentre mi aiutava per le valigie mi propose: «Dai, andiamo a prendere un cappuccino così ti riscaldi». Nel calduccio del bar ci scambiammo le notizie delle nostre famiglie che conoscevamo bene reciprocamente. Era una gioia ritrovarsi. Piano piano la mia agitazione e il senso di colpa a contatto di un Renzo così sereno e pieno di attenzioni si sciolsero completamente. Avevo capito, non serviva agitarsi, quello che era successo era dietro di noi. Solo allora Renzo mi propose di andare a consultare gli orari dei treni per vedere se c’era qualche altra possibilità. Lo sapevamo benissimo che c’erano due treni al giorno e, oltre quello del mattino che era già partito, ce n’era un altro alle 23, ma andammo ugualmente. Difatti non vi erano altri treni, e per quello della sera non c’erano più cuccette disponibili…

 

Il senso pratico di Renzo lo portò su altri itinerari, fino a scoprire che di lì a un’ora c’era un treno in partenza per la Germania che si fermava a Basilea, dove passa anche la linea per Bruxelles. Ci sembrava una buona idea: non si sa mai, magari potevamo riprendere il treno che ci era sfuggito e in ogni caso, invece di aspettare in stazione, avremmo potuto visitare Basilea e più tardi salire su quello che partiva alla sera.

Ci trovammo così a viaggiare in una confortevolissima carrozza svizzera raccontandoci di tanti momenti vissuti in quei giorni, senza stancarci di riempire gli occhi dello spettacolo che appariva fuori del finestrino. Quel treno via Domodossola transitava in un’altra zona della Svizzera che di solito noi non vedevamo mai e che ora, sotto un sole splendente in un cielo blu, ci rivelava paesaggi grandiosi, da favola. Erano immagini sempre nuove di laghi luccicanti, colline, boschi, alberi e case sommersi sotto un’alta coltre di neve: un vero regalo caduto dal Cielo.

 

Letteralmente senza accorgerci, arrivammo a Basilea dove quasi a malincuore scendemmo. Carichi delle nostre valigie e di diversi pacchetti con dolci e tante altre buone cose che le nostre mamme ci avevano obbligatoriamente fatto prendere, ci incamminammo verso la dogana Svizzera, che traversammo rapidamente. In quel momento l’altoparlante annunciava che era in partenza il treno per Bruxelles. Renzo ed io ci guardammo: com’era possibile che il treno fosse ancora lì? Senza darci risposta, ci mettemmo a correre con il nostro carrello e sempre di corsa, mostrando i nostri documenti alla dogana francese, passammo gridando che il treno stava per partire. Per miracolo o perché presi alla sprovvista, i doganieri ci lasciarono passare e sempre di corsa ci dirigemmo verso il binario indicato. Il treno era ancora lì! Facemmo appena in tempo a salire con tutto il nostro bagaglio, che le portiere vennero chiuse e il convoglio si mosse.

Fu una scena buffissima. Gli altri viaggiatori ci guardavano sorpresi: sembrava infatti che il treno avesse aspettato solo noi per ripartire dopo una così lunga attesa. Renzo ed io ci scambiammo un’occhiata e scoppiammo a ridere. In seguito venimmo a sapere che a causa di uno sciopero delle ferrovie francesi quel treno, così fortunosamente riacciuffati, era stato fermo tre ore in stazione. Ora, viaggiando tutta la notte, saremmo arrivati a Bruxelles in tempo per andare al lavoro.

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