Ancora un referendum per l’indipendenza!
Chi sa dove sono le isole della Nuova Caledonia? Ripasso di geografia: situata a 1500 km dalla costa orientale dell’Oceania, è composta da 33 comuni, sparsi su una dozzina di isole, una delle quali è molto più grande delle altre (la Nuova Caledonia, appunto). È una “collettività locale” con uno status speciale, diverso da quello degli altri territori extraterritoriali francesi. Viene amministrata da un alto commissario. A livello territoriale, il governo viene esercitato da un Congresso formato dai componenti delle Assemblee provinciali, per un totale di 54 membri. Le tre Assemblee provinciali vengono elette a suffragio universale ogni 5 anni. A Parigi, nel Parlamento, siedono un senatore e due deputati caledoniani. Il territorio divenne francese solo nel 1853, dopo un’aspra contesa con i britannici e divenne una grande prigione.
La vita politica ed etnica caledoniana non è semplice, perché la popolazione indigena melanesiana ormai è una minoranza: i kanak non sono che il 44% della popolazione, per il resto composta dai discendenti dei deportati francesi, conosciuti come caldoche, oltre che da una piccola minoranza di varie nazioni asiatiche. La spinta indipendentista non è nuova nel Paese. Negli anni ’80 vi furono incidenti e attentati guidati dal Fronte di liberazione nazionale kanak socialista (Flnks) capeggiato da Jean-Marie Tjibaou, guarda caso assassinato nel 1989. L’anno prima erano stati firmati a Matignon degli accordi che davano maggiore autonomia alla regione. Negli accordi era scritto che si sarebbe dovuto tenere un referendum entro il 2018. Un altro accordo, firmato a Nouméa il 5 maggio 1998, precisava alcune non secondarie norme di transizione. Parigi ha scelto di tenere il referendum al limite temporale ultimo disponibile.
È di questi giorni un altro accordo, siglato sempre a Matignon, tra l’attuale primo ministro Eduard Philippe, i ministri per i territori extraterritoriali francesi e i principali leader locali, favorevoli o contrari all’indipendenza. Dopo lunghissime trattative, si è giunti a siglare l’accordo sulla lista elettorale dei partecipanti al voto. In effetti, il sistema caledoniano prevede tre tipi di elezioni, e quindi tre liste elettorali: generale, provinciale e speciale. Ora, questa lista speciale non corrispondeva a quella generale, perché di quest’ultima non faceva parte un numero consistente di contadini kanak, circa 22 mila. Con questo accordo circa la metà è stata inserita nella lista generale, da cui verrà poi formata quella speciale per il referendum. Discorso analogo, ma molto minore, riguarda i non-nativi non iscritti ancora alla lista speciale, che dimostrassero di essere residenti nell’isola da 20 anni.
Il primo ministro sembra essere giunto all’accordo in modo inclusivo, il che è un bene, dopo decenni di forti contrasti tra Parigi e Nouméa. Il processo di autonomia e d’indipendenza è ora possibile. Ma non è detto che vada in porto, perché tra i 160 mila elettori la maggioranza non è nativa, e quindi pare avere tutto l’interesse a rimanere sotto le ali protettrici di Parigi.
Pare arcaico parlare di indipendenza per i kanak, una popolazione che vive a decine di migliaia di chilometri dalla Francia e che ancora non ha raggiunto il suo sogno di liberarsi dal dominio francese. Il colonialismo d’Oltralpe, dicono alcuni osservatori, non è ancora finito, mentre altri sostengono al contrario che la popolazione nativa abbia tutto l’interesse a rimanere in contatto con Parigi, altrimenti scivolerebbe in una povertà ormai sconosciuta nell’isola. Tutto il mondo è Paese: queste due argomentazioni sono le stesse proposte a proposito di Catalogna e Kurdistan iracheno.