Ancora bombe sul campo del pianista
In Siria, nella Ghouta Est ormai controllata dai governativi, gli ultimi 1.500 jihadisti di Jaysh al-Islam hanno lasciato in questi giorni anche il sobborgo di al-Dumayr salendo su una ventina di autobus che li hanno trasportati a Jerablus, nel cuore della zona curda ormai controllata dalle milizie filo-turche dell’Esercito siriano libero (Fsa). Stessa destinazione per altre 3.500 persone (combattenti antigovernativi e loro famigliari) che lasciano la regione del Qalamoun, a Nord-Est di Damasco, sulla strada che conduce a Homs.
Nella zona della capitale siriana, l’ultima sacca di resistenza è intorno al campo palestinese di Yarmouk, a soli 8 km dal centro di Damasco, verso Sud. Il territorio è controllato da miliziani del Daesh e di Jabhat Fatah Al-Sham (al-Nusra).
Secondo la tv al-Mayadeen, legata agli sciiti di Hezbollah, vi sarebbero state trattative per consentire ai circa 1.200 miliziani jihadisti, assediati da 3 anni a Yarmouk, e nei quartieri di Hajar al-Aswad, Tadamon e Qadam, di abbandonare l’area e ritirarsi a Est di Deir Ezzor, dove resiste l’ultimo caposaldo dello stato islamico. Ma queste trattative si sarebbero improvvisamente interrotte per dissidi tra i jihadisti e l’esercito governativo ha ripreso da alcuni giorni i bombardamenti.
L’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, stima che nell’area sotto attacco vi siano circa 12 mila civili palestinesi: 6 mila nel vecchio campo di Yarmouk e altri 6 mila nei quartieri a Sud ed Est, oltre ad un numero imprecisato di civili siriani. Tra questi, non pochi si sarebbero rifugiati nella vicina zona di Yalda per sfuggire ai colpi di mortaio.
Sotto le bombe, dunque, ci sono ancora una volta Yarmouk e i palestinesi. Il campo fu costruito nel 1957, al tempo del presidente Shukri al-Kuwatli. Alla fine degli anni novanta vivevano a Yarmouk e nei quartieri vicini, insieme a molti siriani, circa 220 mila palestinesi, discendenti dei profughi del 1948 e del 1967 e di quelli giunti dalla Giordania nel 1970.
Prima della rivolta del 2011, Yarmouk era una zona molto dinamica, considerata la capitale della diaspora palestinese. Dopo il 2011 una parte dei siro-palestinesi di Yarmouk appoggiò le truppe lealiste e filogovernative, mentre altri gruppi si schierarono contro il governo di Assad. Il campo fu circondato dai governativi fin da dicembre 2012: la maggioranza dei residenti riuscì a fuggire prima che l’assedio fosse completato, nel 2013, rendendo la zona blindata sia in entrata che in uscita.
Nel campo c’era mancanza di tutto: cibo, acqua, energia, medicine. A peggiorare se possibile la situazione nell’aprile 2015 arrivarono i miliziani del Daesh, che si impadronirono di Yarmouk e dei quartieri a Sud del campo profughi come base per dilagare poi su Damasco. Il tentativo non riuscì e i jihadisti rimasero intrappolati lì. E ci sono rimasti fino ad oggi.
Yarmouk è il campo profughi dove è nato ed è vissuto fino al 2015 Aeham Ahmad, conosciuto ormai in tutto il mondo come “il pianista di Yarmouk”. Una sua foto (del 2014) e i video postati in seguito su Youtube sono diventati il simbolo della Siria distrutta e allo stesso tempo un disperato presidio di civiltà in mezzo alla barbarie della guerra. Si vede Aeham (nato nel 1988), sullo sfondo le macerie, che suona Beethoven sul suo piano, oppure che canta insieme ad un gruppetto di bambini. Con l’inizio dell’assedio, ogni giorno, appena possibile, Aeham caricava il suo pianoforte sul carretto dello zio e si metteva a suonare, in strada. Questo fino al 17 aprile 2015, quando i miliziani del Daesh bruciarono il suo piano e uccisero uno dei bambini che cantavano accanto a lui.
Poi Ahmad è riuscito a fuggire da solo, lasciando a Yarmouk la famiglia, ha attraversato il mare ed ha percorso la rotta balcanica dei disperati, arrivando in Germania. Dopo un anno è riuscito a ricongiungersi con la moglie e i figli. A Wiesbaden insegna musica ed ha un piccolo negozio di strumenti musicali, oltre a tenere numerosi concerti nel mondo; Tahani, sua moglie, insegna arte. Nel dicembre 2015 ha ricevuto a Bonn l’International Beethoven Prize for Human Rights.
Suo padre e altri membri della famiglia sono però ancora a Yarmouk, e per quanto Aeham ci abbia provato, non è riuscito a farli venire in Germania. Ora la situazione è nuovamente precipitata: a Yarmouk si continua a morire di fame e sotto le bombe. Il libro di Aeham Ahmad, Il pianista di Yarmouk, pubblicato in Italia da La Nave Di Teseo, è stato presentato a Milano il 5 aprile scorso.