Anche i militari Usa invitati a lasciare il Niger
In una dichiarazione letta alla televisione pubblica il 16 marzo, la giunta militare ha deciso, assumendosene «tutta la responsabilità, di denunciare con effetto immediato» l’accordo relativo alla presenza di personale militare e impiegati civili del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti in territorio nigerino.
Domenica 17 marzo l’amministrazione americana ha reagito affermando di aver preso atto del comunicato stampa del regime di Niamey e di aver fatto notare con «franche discussioni […] le proprie preoccupazioni» riguardanti l’orientamento della giunta. Lo ha affermato su X il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Matthew Miller.
Una situazione accolta con ironia dalla Francia: «Erano convinti – osserva un alto ufficiale francese – di poter agire da soli nei prossimi mesi, senza sostenere Parigi, e fare amicizia con la giunta». Dopo il colpo di stato dei militari, Washington ha cercato di accogliere i nuovi signori del Niger, sperando di poter mantenere in qualche modo la propria presenza militare in questa parte del Sahel.
Si ricorda che dal 12 al 14 marzo, una delegazione di alto livello di funzionari americani, tra cui il Sottosegretario di Stato per gli affari africani Molly Phee, il Sottosegretario di Stato per la sicurezza internazionale Celeste Wallander, e il responsabile militare Usa dell’area africana, il generale Michael Langley, si sono recati in Niger per incontrare la giunta militare nigerina. Ma il generale Tiani non li ha ricevuti.
Per il Niger, questo incontro era una pretesa che non rispettava la prassi diplomatica e, secondo il colonnello Abdramane Amadou, portavoce del Cnsp (il governo golpista dei militari nigerini), è stato imposto dagli statunitensi. Il governo del Niger denuncia inoltre con forza «l’atteggiamento condiscendente accompagnato dalla minaccia di ritorsioni da parte della delegazione americana nei confronti del governo nigerino».
Secondo il colonnello, gli americani accusano Niamey di aver firmato accordi segreti con la Russia in campo militare, e con l’Iran per l’esportazione di uranio. La giunta nigerina, a sua volta si scaglia contro vincoli diventati eccessivi, in particolare per una questione di fatture legate alle tasse sugli aerei militari americani. Niamey si rammarica anche della mancanza di informazioni sulle operazioni americane e ritiene pertanto illegale la presenza americana sul territorio nigerino.
Il comunicato stampa nigerino afferma che tutti gli accordi firmati dal Niger dall’instaurazione del Cnsp rispettano il diritto internazionale e le regole di trasparenza, e «per questo motivo il governo del Niger respinge le false accuse del capo della delegazione americana», consistenti nel sostenere di aver firmato un accordo segreto con la Repubblica islamica dell’Iran. Per quanto riguarda la Federazione Russa, il portavoce del Cnsp ha dichiarato che si tratta di «un partner con cui il Niger tratta da stato a stato, in conformità con gli accordi di cooperazione militare firmati con i governi precedenti per acquisire l’equipaggiamento militare necessario per la lotta contro il terrorismo, che ha provocato migliaia di vittime innocenti nigerine, sotto l’occhio indifferente di gran parte della comunità internazionale», conclude il portavoce.
Il Niger ospita la seconda base americana più grande del continente africano, dopo quella di Gibuti. Gli Stati Uniti hanno nel Paese circa 1.100 militari impegnati nella lotta anti-jihadista e dispongono di una grande base di droni ad Agadez (nel nord).
Secondo gli ultimi dati, oggi sulle piste ci sono due aerei ricognitori elettromagnetici, due elicotteri da manovra e soprattutto una decina di droni MQ-9 Reaper. Dotazione che può crescere fino a 15-20 velivoli in caso di crisi. I droni Reaper consentono all’esercito americano di avere una visione dell’intero Sahel e in particolare della Libia, che è la via d’accesso al Mediterraneo.
Washington aveva sospeso la cooperazione con il Niger, dopo il colpo di stato del luglio 2023 che rovesciò il presidente eletto Mohamed Bazoum. D’altra parte, l’amministrazione Biden si è detta pronta a riprendere la cooperazione, a determinate condizioni. In effetti, alcuni alti funzionari del Pentagono ritengono che mantenere una presenza in Niger sia vitale per combattere il terrorismo nella regione.
Tuttavia, i governi di Usa e Francia non sembrano comprendere l’ostilità che l’imperialismo e il neocolonialismo suscitano oggi in Africa. È quanto emerge dalle informazioni secondo cui francesi e americani vorrebbero realizzare basi militari franco-americane in Africa occidentale per combattere il terrorismo. Ma le cosiddette forze internazionali di pace non reagiscono quasi mai quando le popolazioni vengono massacrate con attacchi ricorrenti e sanguinosi.
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