Anche i farmaci possono essere donati
Ciascuno di noi ha sicuramente in casa alcuni farmaci: perlopiù “da banco”, come paracetamolo e affini, che usiamo tenere “all’occorrenza”, e che magari finiscono per superare la data di scadenza ed essere quindi gettati via.
Esistono però situazioni in cui un farmaco ancora buono rischia di essere buttato. Mi sono infatti trovata nella situazione in cui un medico ha prescritto ad un mio familiare una medicina che prendeva abitualmente. Essendo poi cambiate le sue condizioni, quel farmaco non è più stato necessario; e quindi avevo in casa un medicinale ancora integro e valido, ma inutile. Mi sono dunque rivolta alla farmacia dove lo avevo ritirato (e sottolineo ritirato, non pagato, trattandosi di farmaco a carico del Servizio sanitario nazionale) per chiedere se fosse possibile restituirlo; e mi è stato risposto di no, poiché una volta che viene staccata la fustella e inviata la richiesta di rimborso non è più possibile fare nulla.
Anche in ospedale non hanno potuto essermi d’aiuto, in quanto non è loro consentito ritirare farmaci non utilizzati dai singoli pazienti, anche se integri. Mi è stato risposto che l’unica possibilità sarebbe stato donarlo a qualche ente benefico, che poi lo distribuisca a chi ne ha bisogno (via però scarsamente praticabile, data la particolare tipologia di farmaco); o la donazione al progetto di recupero dei farmaci validi del Banco Farmaceutico (attiva però in solo 19 province, di cui nemmeno una nella mia regione).
Mi sono dunque scontrata con un’oggettiva difficoltà a reimmettere in circolo un farmaco che è di fatto stato (profumatamente, mi permetto di aggiungere, dato il prezzo riportato sulla confezione) pagato dall’intera collettività; configurando un pesante spreco. Un copione che, purtroppo, mi è stato segnalato anche da altri pazienti.
Ho così scritto al ministero della Salute per chiedere se esistano altre vie, di cui però pare difficile venire a conoscenza (visto che non le conoscevano nemmeno medici e farmacisti, o almeno quelli con cui io ho parlato).
La risposta mi è arrivata qualche mese dopo dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), spiegando come «la gestione dei farmaci non scaduti rientra nell’ambito dell’organizzazione della Asl. Infatti, con la legge finanziaria 2008, è stato reso possibile il recupero dei medicinali non ancora scaduti ma integri. In particolare, l’articolo 2 comma 351 recita: «Le confezioni di medicinali in corso di validità, ancora integre e correttamente conservate, ad esclusione di quelle per le quali è prevista la conservazione in frigorifero a temperature controllate, possono essere consegnate dal detentore che non abbia più necessità di utilizzarle ad organizzazioni senza fini di lucro, riconosciute dalle regioni e province autonome, aventi finalità umanitarie o di assistenza sanitaria”».
Insomma, la volontà di recuperare, restituire, o donare i medicinali rimasti inutilizzati c’è; ed è nelle competenze di ciascuna Regione stabilire le modalità con cui farlo. Il consiglio quindi per chiunque si trovi in questa situazione è quello di contattare la propria Asl o assessorato regionale alla Salute, per verificare se sia stata varata una legge regionale in tal senso.
Restano però, osserva l’Aifa, «delle difficoltà oggettive nell’implementazione della normativa in materia: come il fatto che non è possibile garantire che il medicinale non abbia subito delle alterazioni, non avendo avuto un controllo delle sue condizioni di conservazione».
Insomma, se avete in casa farmaci integri non utilizzati, badate intanto a conservarli bene; poi cercate la farmacia più vicina aderente al progetto di recupero farmaci validi cliccando qui. Se poi anche la più vicina è troppo lontana, informatevi alla Asl. Perché un farmaco ancora buono, che “pesa” nella vostra dispensa, può fare la differenza per qualcun altro.