Anche a Norcia si pensa alla ricostruzione
Alle ore 3.36 del 24 agosto un sisma di magnitudo 6.0 ha colpito l’Italia centrale causando devastazioni, 296 morti e migliaia di feriti nei comuni laziali di Amatrice ed Accumoli e in quello marchigiano di Arquata del Tronto, che per alcuni giorni sono stati al centro dell’attenzione mediatica nazionale e mondiale. Alcuni danni più contenuti si sono registrati anche in Umbria, soprattutto a Norcia e nei vicini centri di Preci, Cascia e Monteleone di Spoleto. Nella città di San Benedetto il terremoto è stato avvertito con violenza, basti pensare che Norcia dista solo cinque chilometri in linea d’aria da Pescara del Tronto, la frazione di Arquata che è stata rasa al suolo; molte abitazioni risultano inagibili e circa mille persone sono state sfollate nelle tendopoli delle frazioni pedemontane di San Pellegrino e Castelluccio, dove i danni sono stati più ingenti. Nel complesso, però, la macchina anti-emergenza ha funzionato a dovere, anche grazie all’esperienza pregressa: il sisma del 1979 fu devastante, ma la ricostruzione accorta e competente ha permesso di limitare i danni, considerando che in città non si sono registrate vittime né crolli, se si esclude una porzione delle antiche mura.
Arrivando dalla Valnerina, la prima struttura che si incontra è il COC, Centro operativo comunale, struttura antisismica dove le istituzioni politiche, in accordo con Protezione civile e Forze dell’ordine, cooperano al fine di gestire meglio l’emergenza. L’assessore ai servizi socio-culturali Giuseppina Perla spiega che i soccorsi si sono svolti in diverse fasi: nella prima, immediata, sono state fornite tende agli allevatori, ai disabili gravi e alle donne incinte e sono scattate le rilevazioni di agibilità per gli edifici pubblici; nella seconda sono state allestite le tendopoli nelle frazioni e i controlli di agibilità per le abitazioni; ora arriva il momento della ricostruzione e del restauro, quello nel quale l’attenzione dei media cala.
Passeggiando per il centro di Norcia si incontrano poche persone, soprattutto giornalisti e operatori della Protezione civile; i negozi sono aperti ma non c’è il tipico viavai estivo dei turisti. A ricordare ciò che è successo sono le transenne che delimitano alcune chiese e l’imponente Porta Romana. Addentrandomi nelle stradine laterali, scopro che alcuni vicoli sono interdetti al transito.
Un ragazzo che lavora nel campo della gastronomia mi dice che la notte del disastro c’erano ventimila turisti registrati a Norcia, ora quasi tutti andati via: «Io dormo da un amico, la preoccupazione per noi norcini è quella dello spopolamento nel lungo periodo; tra l’altro le scosse di assestamento sono continue e mettono a dura prova i nervi. L’importante è che l’attenzione dei media si mantenga nel corso del tempo». Lo choc dei primi giorni è passato e ora resta l’incertezza per il futuro, insieme al dispiacere per le persone dei paesi vicini che non ci sono più: «Amatrice è vicinissima, Arquata è dietro al crinale della montagna, ci si conosce da una vita, abbiamo tanti amici lì, è terribile quello che è successo».
Negli esercizi commerciali si avverte un atteggiamento misto tra fatalismo, amarezza e speranza, in molti sono rimasti piacevolmente impressionati dalle visite di autorità istituzionali, ma la convinzione più salda in questi tempi di incertezza è solo una, come afferma un anziano signore nella piazza: «Vanno valutati solo i fatti, non le parole». Nel frattempo Norcia, ancora una volta dopo i terremoti del 1979 e del 1997, si rimbocca le maniche ed è pronta a ricominciare.
Sul terremoto in Centro Italia leggi anche «Come tutti posso sbagliare» di Aurelio Molè e La “cultura” della ricostruzione di Marco Bussone.