Anatomia delle Olimpiadi

Dalla A come Almaz Ayana, alla F come Fenomeno (alias Michael Phelps). Carrellata su fatti e personaggi che hanno caratterizzato le Olimpiadi di Rio appena concluse. Prima parte dell'alfabeto olimpico
Michael Phelps

A come Almaz Ayana. Ogni Olimpiade ci regala record o imprese che contribuiscono a fare la storia dei Giochi a cinque cerchi. A Rio, uno di questi record, una di queste imprese, l'ha realizzato la ventiquattrenne Almaz Ayana che ha dominato i 10.000 metri femminili con lo straordinario tempo di 29'17"45! Questa ragazza ha così abbassato (ma sarebbe meglio dire "frantumato"), di ben quattordici secondi, il vecchio record del mondo stabilito nel 1993 dalla cinese Wang Junxia. Ricordate? Quel discusso primato che, secondo il tecnico della ragazza cinese, fu stabilito perché la sua atleta beveva sangue di tartaruga… Almaz vive ad Addis Abeba, la capitale dell'Etiopia dove convivono comunità religiose cristiane, musulmane ed ebraiche. Almaz, però, è originaria di una zona del Paese vicino al Sudan a netta maggioranza musulmana. Lei invece è cristiana, e a chi dopo la gara le ha chiesto quale "segreto" potesse esserci dietro una prestazione di così alto livello, ha risposto senza esitazione: «Dio mi ha voluto qui. Il mio "doping" è il Signore».

 

B come Brasile. Sette anni dopo l'assegnazione delle Olimpiadi, la situazione del Brasile è profondamente cambiata. Negli ultimi tempi dilagano recessione, inflazione, disoccupazione, corruzione… Chi più ne ha più ne metta. Un sorriso, al Paese Verde Oro, lo hanno comunque saputo regalare in questi giorni proprio gli atleti olimpici. In particolare, quelli riusciti a salire sul podio. Diciannove medaglie in tutto, di cui ben sette d'oro (battuto il record precedente che risaliva all'edizione di Atene del 2004, quando i brasiliani vinsero cinque medaglie d'oro). I tifosi del Paese organizzatore hanno trepidato soprattutto per la nazionale di calcio maschile, che ha finalmente rotto un tabù (il titolo olimpico era l’unico che non erano mai riusciti a vincere in questo sport dove sono stati spesso protagonisti). A noi, però, piace ricordare anche la prima medaglia d'oro brasiliana di Rio 2016, quella ottenuta dalla judoka Rafaela Silva, una ragazza arrivata dalla tristemente famosa Cidade de Deus, una delle favelas più popolose di Rio (il padre la portò a fare judo proprio per toglierla dalla strada). «Dedico questa medaglia ai bambini di Rio, a tutti quelli che hanno un sogno: non smettete mai di sognare, perché prima o poi il vostro sogno può avverarsi come è successo a me».

 

C come "crollo emotivo". «Sin da quando mi sono svegliata ho capito che oggi non ero in grado di gestire la tensione. Ero già distrutta sin dal primo assalto». Arianna Errigo, fiorettista che a Londra 2012 vinse la medaglia d'argento, già due volte campionessa del mondo, era arrivata a Rio insieme alla compagna di squadra Elisa Di Francisca con lo scomodo ruolo di atleta da battere. Ma, come lei stessa ha spiegato, è stata schiacciata dalla pressione che sentono (chi più chi meno) tutti gli atleti olimpici, ed è tornata a casa senza medaglie. Capita sovente, in tutte le discipline. Il crollo emotivo nello sport è sempre dietro l'angolo, arriva quando meno te lo aspetti e non fa sconti a nessuno. Favoriti o meno, non fa differenza. Significativo, ad esempio, è quanto accaduto anche al nostro fiorettista Giorgio Avola che, in vantaggio 14 a 8, a una sola stoccata dal successo che lo avrebbe qualificato per le semifinali, si è improvvisamente bloccato e non è più riuscito a mettere a segno una sola stoccata. Risultato: 15-14 per il suo avversario, lo statunitense Massialas, e addio sogni di gloria.

 

D come doping. Atleti sospesi e poi riammessi. Altri, come il nostro marciatore Alex Schwazer, tenuti in bilico fino all'ultimo minuto nella speranza di un riesame del Tas (Tribunale arbitrale dello Sport). Purtroppo, anche questa edizione delle Olimpiadi è stata pesantemente influenzata dal doping. La Russia, ad esempio, dopo la pubblicazione dell'ormai famigerato rapporto McLaren che ha tolto il coperchio su quello che potremmo definire come una sorta di "doping di Stato", ha dovuto lasciare a casa molti atleti (soprattutto in sport come l'atletica leggera, il ciclismo, la canoa e il canottaggio), crollando nel computo generale del medagliere dagli 82 podi di Londra 2012 ai "soli" 56 di Rio 2016.

 

E come El Shehaby. Un'Olimpiade ci emoziona come pochi altri avvenimenti sono capaci di fare. Un'Olimpiade porta alla luce le imprese e le storie "positive" di tanti atleti. Ma un'Olimpiade, per l'enorme cassa di risonanza che inevitabilmente porta con sé, da grande risalto anche a gesti "negativi" come quello compiuto dal judoka egiziano Islam El Shehaby. Alla fine dell'incontro disputato con l'israeliano Or Sasson, infatti, questo ragazzone di oltre 100 Kg si è rifiutato di stringere la mano al suo avversario. Alla faccia del fairplay e dello spirito olimpico. A rendere più spiacevole l'episodio, è il fatto che qui non c'entra qualche discutibile decisione arbitrale, ma piuttosto una scelta che ha origini di altra natura, considerando che, da quanto si è appreso, nei giorni precedenti alla disputa della gara El Shehaby avrebbe ricevuto notevoli pressioni da parte di suoi connazionali (in particolare sui social) che lo invitavano a non partecipare alle Olimpiadi proprio per la presenza in gara dell'atleta israeliano.

 

F come Fenomeno. Ormai per lui non ci sono più aggettivi. D'altronde cosa si può dire ancora di Michael Phelps? Lo squalo di Baltimora ha aggiunto alla sua collezione di medaglie olimpiche altri cinque ori (due individuali, nei 200 farfalla e nei 200 misti, e tre nelle staffette), e un argento (nei 100 farfalla). A 31 anni, ai suoi quinti Giochi (c'era già, giovanissimo, a Sidney 2000), Phelps ha vinto ancora. Ha vinto ancora dopo aver annunciato il ritiro dal nuoto dopo i Giochi di Londra del 2012. Ha vinto ancora dopo tanti momenti difficili passati nei due anni successivi, in particolare per problemi di dipendenza dall'alcool culminati in un arresto perché trovato a guidare in stato di ebrezza. Ha vinto ancora dopo essere ritornato alle gare nel 2015, non resistendo al richiamo del suo ambiente naturale (la piscina) e a quello, davvero irresistibile, dei cinque cerchi. Adesso, quello che è considerato come il più grande nuotatore di tutti i tempi (e con 28 medaglie olimpiche di certo anche il più vincente), dovrebbe dare il vero addio alle piscine per dedicarsi maggiormente alla famiglia (a ottobre si sposerà con Nicole Johnson, ex miss California, che nello scorso mese di maggio lo ha reso padre del piccolo Boomer). Unico.

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