Anastasiadis continua per la riunificazione
Il capo di Stato uscente, il conservatore Nikos Anastasiadis, a capo del Democratic Rally (Dysi), ha vinto domenica 4 febbraio il secondo turno delle elezioni presidenziali nell’isola di Cipro, sconfiggendo il candidato di sinistra Stavros Malas, leader del Partito progressista dei lavoratori, Akel. 56 % a 44 % è il risultato. Chiaro il risultato del voto, anche se l’incertezza era stata altissima, visto che dopo il primo turno il terzo contendente, Nikolas Papadopoulos, che aveva il 25 % dei voti, aveva rifiutato di prendere parte per l’uno o l’altro dei candidati.
Due questioni hanno dominato la lunga campagna elettorale: il fattore economico, a cinque anni dalla “tutela” del Paese da parte della zona euro e del Fondo monetario internazionale, dopo il crollo del settore bancario cipriota; e la questione della riunificazione dell’isola, la cui parte settentrionale è occupata dall’esercito turco ormai dal 1974.
Si ricorda che, dinanzi a nemmeno tante velate minacce di annessione dell’isola da parte della Grecia, Ankara aveva ordinato un’invasione su larga scala dell’isola, occupando un terzo dell’isola. Da allora, circa 40 mila soldati turchi sono di stanza a Cirpo Nord. La “linea verde” che da allora ha diviso il Paese in due parti, da Est a Ovest, e che ha sezionato la stessa città vecchia di Nicosia, appare un anacronismo da cui tanti ciprioti vorrebbero liberarsi.
Non a caso, quindi, rivolgendosi ai suoi elettori poco dopo la dichiarazione di vittoria, il presidente confermato ha promesso di riattivare i colloqui di pace volti a riconciliare le comunità greche e turche di Cipro. «La più grande sfida che dobbiamo affrontare è riunificare il nostro Paese. Continuerò a lavorare con la stessa determinazione nel tentativo di raggiungere il nostro obiettivo: porre fine all’occupazione straniera e riunificare il nostro Stato. Non ci sono vincitori o vinti, solo Cipro ha vinto».
La vittoria di Anastasiadis è la conferma di una politica che negli ultimi cinque anni ha riportato l’isola su un sentiero sostenibile economicamente parlando, dopo il collasso del suo sistema bancario e un piano di salvataggio da 10 miliardi di euro finanziato dall’Unione europea e dal Fmi. Il Pil cipriota oggi cresce del 4%, il più alto tasso della zona euro nel 2017.
Anche se nessuno lo ha detto apertamente in campagna elettorale, sullo sfondo si profila la speranza di un vasto nuovo mercato per i ciprioti, quello degli enormi giacimenti di gas ad alta profondità che sono stati recentemente individuati nel mare tra Cipro, Libano ed Israele, con alcune ramificazioni che si allungano verso l’Egitto. A chi appartiene quest’enorme fortuna? Non poche delle più recenti tensioni nella regione hanno come sottofondo lo sfruttamento futuro di tali giacimenti, che richiedono comunque imponenti investimenti internazionali. Non a caso, ad esempio, il primo ministro libanese Hariri, di ritorno dalle “strane” dimissioni in terra saudita che lo avevano poi portato in terra francese, ha fatto scalo prima al Cairo e poi a Nicosia. Se ne parlerà nei prossimi anni, siamone certi.