Amori violenti

Attualmente uno dei maggiori problemi sociali che ci troviamo ad affrontare è quello della violenza sulle donne, un problema globale che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2013 ha definito come una profonda violazione dei diritti umani.
Protesta contro la violenza sulle donne (AP Photo/Fernando Llano)

Le statistiche parlano chiaro: In Italia si stima che circa una donna su tre, tra i 16 ed i 70 anni, ha subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Sette volte su dieci l’autore della violenza è il partner o l’ex partner e solo nel 6,2 per cento dei casi si tratta di un estraneo. Dunque la stragrande maggioranza delle violenze sono di tipo domestico, cioè l’aggressore è una persona legata alla donna da una relazione di tipo intimo. Le violenze possono essere di tanti tipi diversi. Solitamente quelle che maggiormente destano scalpore da un punto di vista sociale e mediatico, sono le violenze fisiche e sessuali.

Esistono, tuttavia, anche altri tipi di violenze, non meno comuni, che possono anch’esse generare una profonda sofferenza: la violenza psicologica che è più difficile da identificare e comprende comportamenti che mirano a distruggere l’autostima e l’identità della donna. Poi c’è la violenza economica, il controllo ingiusto sulle risorse comuni che mina a creare una dipendenza e una sottomissione da parte della partner; la violenza morale, cioè il denigrare costantemente il credo religioso o morale della persona; il mobbing, un tipo di violenza perpetuato sul luogo di lavoro e lo stalking, che fa sentire la donna costantemente controllata e privata della propria privacy.

Per contrastare il fenomeno è necessario conoscere, soprattutto per comprendere quali possano essere le caratteristiche di una relazione violenta e perché per alcune donne può essere difficile venirne fuori. In primo luogo è necessario dire che non esistono dei ruoli che tipicamente si associano a quello di un uomo maltrattante o di una donna vittima. Quella della violenza è una cosa che tocca trasversalmente persone appartenenti a culture e ceti sociali differenti.

Quello della violenza all’interno di una relazione di coppia è un fenomeno complesso. La psicologa Leonore Walker nel 1989 teorizza il concetto di ciclo della violenza. Secondo l’autrice all’interno di una relazione violenta vi sono tre macro fasi che si ripetono ciclicamente:

  • La costruzione della tensione: in questa fase l’uomo maltrattante mette in atto tutta una serie di tecniche di controllo sulla vittima (isolamento dalla rete familiare e amicale, riduzione delle amicizie, divieto di uscire da sola, ecc.). Possono aver luogo anche delle azioni volte a denigrare psicologicamente la vittima e vi possono essere anche minacce di usare violenza fisica
  • L’esplosione della violenza: in questa fase vi può essere sia l’aggressione fisica vera e propria sia aggressione verbale o psicologica estremamente violenta. In questa fase la donna può subire un forte shock e può cominciare a pensare di porre fine alla relazione.
  • La luna di miele: nell’ultima fase, l’abusante si pente, chiede ripetutamente scusa, e riempie la donna di attenzioni e regali allo scopo di farsi perdonare. In questa fase non ci sono episodi di violenza o di abuso e la vittima ha la sensazione e la speranza che possa essersi trattato di un singolo episodio sporadico a cui non dare troppa importanza.

 

Questo ciclo si ripete: all’inizio le fasi durano mesi poi piano piano si ravvicinano e diventano sempre più intense.

Tante donne non riescono a liberarsi facilmente da questo vortice negativo. Questo può avvenire a causa di molteplici fattori: in primo luogo la paura delle conseguenze. Il momento in cui una donna lascia il partner violento è anche quello più pericoloso. In quell’occasione, infatti, le azioni violente possono essere molto amplificate ed esporre la donna anche al concreto pericolo di vita. Altre volte può esserci uno scarso sostegno esterno e la paura di non essere credute.

Oppure la paura di perdere la potestà sui propri figli, o la speranza che il partner possa cambiare, e così via. Vi sono, inoltre, ancora numerosi pregiudizi sulla violenza contro le donne che non aiutano le vittime ad aprirsi e confidarsi con la propria rete sociale. Si può arrivare a pensare che la donna possa essere lei stessa corresponsabile dei gesti violenti del partner, oppure vi può essere una colpevolizzazione notevole per il fatto che non si riesca a venir fuori da tali rapporti.

Bisogna invece, sempre tener a mente che le paure possono essere tante e le dinamiche molto complesse. Solo un reale sostegno privo di giudizio che faccia sentire la donna accolta e realmente sostenuta può aiutare a dirigersi verso un cambiamento.

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