Amore senza fine
Il titolo del film di Zeffirelli si adatta perfettamente alla favola bella di Orfeo ed Euridice, “azione teatrale in tre atti” sui versi di Ranieri de’ Calzabigi e musicata nel 1762 da Christoph Willibald Gluck.
Un capolavoro di dolcezza, trepidazione, tenerezza e dolore, ora in scena al Teatro dell’Opera di Roma. Risolto come d’uso nel secolo dell’Illuminismo con il lieto fine. Se infatti Orfeo che conduce la sposa risorta dagli Inferi alla terra non riesce a non guardarla e quindi a riperderla, al suo strazio risponderà Amore, che gliela ridà, commosso dalla fedeltà del cantore.
A dire che la morte è inganno breve perché l’amore vero dura per sempre. L’Azione è sobria nei versi e nella struttura dei tre brevi atti. Si eliminano gli infiniti recitativi “secchi” sostituiti da quelli “accompagnati” dall’ orchestra, le arie sono ispirate ad una luminosità neoclassica, il colore dell’orchestra che passa dall’agitato delle Furie alle rugiade delle Danze degli Spiriti beati unisce fuoco a trasparenza, cadenzando il pathos all’elegia al sorriso con autentica raffinatezza.
Le voci non si perdono in virtuosismi inutili, ma sono levigate da una sincera espressività.
Questo mondo di bellezza pura, fuori dal tempo e dallo spazio, eternamente giovane, è stato colto dalla regia esemplare di Robert Carsen che , vestendo di costumi attuali gli attori, ha lasciato al cangiantismo delicato delle luci sullo schermo il compito di annodare le scene, spiegarle e affidare alla musica la concatenazione emotiva degli eventi sul palcoscenico.
Gestualità sobria, armonia dei movimenti del coro e dei protagonisti dipanano la storia d’amore e di morte con una armonia finissima. La finezza è infatti il cuore della musica gluckiana. L’intuizione di Carsen ha trovato un dialogo giusto con la direzione incisiva, sostenuta di Gianluca Capuano, attento a trarre dall’orchestra – non del tutto addentro nel mondo barocco – sonorità ora di fiamma ora di aurora, ora di tramonto, tuttavia luminosamente pulite. Insomma, la “misura” di Gluck.
Adatte al ruolo Mariangela Sicilia – Euridice – e Emoke Baràth, Amore. Perfetto il contraltista Carlo Vistoli che dà anima e corpo al mito: si vedano e si sentano le scene infernali e lo splendore patetico della celebre aria “Che farò senza Euridice”, con il suono lancinante, e di disarmante bellezza, dei violini insieme alla voce “rugiadosa” del cantante. Di rara bellezza il coro. Un Orfeo ritrovato- si avverte chiaramente i l debito di Mozart verso Gluck ,e riscoperto da una edizione di notevole valore. Fino al 22 marzo