Amore politico nel tempo della complessità
Stiamo lavorando per concretizzare la “miglior politica” nel secolo che dovrebbe essere quello della fraternità. Una nuova epoca, dopo questo “interregno” assai turbolento, caratterizzata dall’“amore politico” (Fratelli tutti, 180). «Riconoscere ogni essere umano come un fratello o una sorella e ricercare un’amicizia sociale che includa tutti non sono mere utopie… Si tratta di progredire verso un ordine sociale e politico la cui anima sia la carità sociale. Ancora una volta invito a rivalutare la politica, che “è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune”». L’amore infatti, non si esprime solo in relazioni intime e vicine, ma anche nelle “macro-relazioni“: nei rapporti sociali, economici e politici. Tutta la Dottrina sociale della Chiesa attinge al comandamento evangelico dell’amore (181).
Qui entra in gioco la categoria della fraternità del trittico francese. La carità politica infatti presuppone di aver maturato un senso sociale che supera ogni mentalità individualistica, tipica del liberismo. Ecco allora che la “buona politica” deve anche riequilibrare la globalizzazione, rispetto al Novecento, per evitare i suoi effetti disgreganti (182). In tal modo l’amore politico diventa efficace (183 -185) e consente di progredire verso una società fraterna sulla Terra-Patria. Verranno trovate nuove vie, rinnovate strutture, leggi, istituzioni. La carità uscirà dal sentimentalismo soggettivo ed emotivo per farsi politica e trasformare il mondo.
Le attività di questa forma alta di amore sociale ci spingeranno a creare istituzioni più sane, ordinamenti più giusti, strutture più solidali. L’ impegno consisterà nel modificare gli squilibri sociali che generano tanta povertà e sofferenza. Non dimentichiamo che quasi 800 milioni di persone soffrono la fame. Politica è anche creare posti di lavoro e consentire agli anziani un invecchiamento attivo ed inclusivo.
Il nuovo pensiero politico parte sempre da un amore preferenziale per gli ultimi (187-192). Al centro ci sono la dignità dell’altro, i suoi diritti, i suoi bisogni, la sua cultura. Tale sguardo è l’autentico spirito della nuova politica.
Siamo ancora lontani da una vera globalizzazione dei diritti umani. La politica mondiale ha ancora l’obiettivo primario di eliminare la fame. Va superata ogni forma di intolleranza fondamentalista che danneggia le relazioni tra le persone ed i popoli. Qui si vedrà il volto vero della fraternità universale. Il buon politico farà incontrare le diverse voci superando ogni forma di fanatismo, divisione, frammentazione. Sarà unità nella diversità e non uniformità che genera asfissia.
Importante è stata la Dichiarazione di papa Francesco e del Grande Imam ad Abu Dhabi del 2019 sulla Fratellanza universale. La politica mondiale si deve impegnare a diffondere la tolleranza, la convivenza di popoli e religioni, la pace. Il nuovo politico infine si preoccuperà più della fecondità che dei risultati, più di avviare processi che della raccolta dei frutti, che faranno altri (193-197).
Chiediamoci ora come questo amore politico può diffondersi nel tempo della complessità. Mauro Ceruti, filosofo della complessità, afferma che è un mondo incomprensibile, che non riconosciamo perché accadono cose che ribaltano destini e realtà in tempi e modi una volta impensabili. È la crisi dell’umanità planetaria. Diventa pertanto urgente l’educazione al pensiero complesso ed alla fraternità.
Non è possibile la comprensione dei fenomeni politici, economici e sociali se non superando la frammentazione dei saperi specialistici. Serve un percorso interdisciplinare per capire la nuova condizione umana ed il cambiamento d’epoca in cui ci troviamo a vivere. È un tempo radicalmente diverso da tutti quelli precedenti (M. Ceruti, Il tempo della complessità, Raffaello Cortina 2018). Edgar Morin nella prefazione mette in evidenza la questione antropologica dell’evoluzione della specie umana ancora incompiuta. È una identità evolutiva e irriducibilmente multipla. «Mostra come il nostro tempo rende ineludibile pensare insieme, e non in opposizione, identità e diversità… L’ umanità è costitutivamente incompiuta, anche come specie… Perciò la sfida per il futuro dell’umanità in pericolo consiste nell’elaborare la coscienza di una “comunità di destino” di tutti i popoli della Terra, nonché di tutta l’umanità con la stessa Terra. In questo orizzonte, Mauro Ceruti disegna la prospettiva di un nuovo umanesimo planetario, che solo potrà nascere dall’incontro con le diverse culture del pianeta, dalla capacità di pensare insieme unità e molteplicità». È evidente la sintonia con l’esigenza di un “amore politico” della Fratelli tutti.
Visione trinitaria e pensiero complesso
La visione è fondamentale per comprendere i tempi nuovi: «Si presenta come qualcosa che si dischiude gratuitamente davanti agli occhi di colui che è in grado di vedere: di quelli che, nella nostra tradizione, chiamiamo profeti, mistici, geni artistici, grandi uomini statisti e politici… Si tratta del fatto che si è in grado di vedere perché si è collocati nel giusto atteggiamento di apertura, ma anche nel giusto luogo, in quella prospettiva in cui soltanto è possibile vedere bene ciò che da sé stesso si dà a vedere. In questo senso, il vedere richiede un ethos, e perciò tutti siamo chiamati a “vedere”, cioè a collocarci in quel luogo e in quell’atteggiamento in cui ogni “vedere” diventa possibile» (Raul Buffo, Convegno di Taranto, 28 novembre 2023).
Questa visione oggi è richiesta a molti in una leadership diffusa nelle amministrazioni locali, nel mondo del volontariato, della economia civile, del Terzo settore, nei partiti, sindacati e non solo ad una élite di profeti e visionari perché il “re e nudo”. Siamo infatti dentro una grave policrisi antropologica, ambientale, sociale, economica, culturale. Non si esce da questa se non attraverso una visione appunto, che nasce da “pensiero, relazione, impegno”.
«L’urgenza dell’oggi è “ripensare il pensiero”, ci dice l’incipit del Manifesto per una Ontologia trinitaria, riportando le parole di un pensatore-visionario quale Edgar Morin. Eppure, se sono vere le parole di Martin Heidegger secondo le quali “ciò che è più da considerare è che noi ancora non pensiamo, continuiamo a non pensare, benché la situazione del mondo diventi sempre più preoccupante”, allora il monito del Manifesto a “ripensare il pensiero” assume un carattere piuttosto drammatico, e cioè concreto, in quanto non più indirizzato a studiosi o accademici, ma a ognuno di noi in quanto ha a che fare con lo stato delle cose, con la situazione del mondo in cui viviamo, con la nostra quotidianità, con il nostro territorio, con il nostro lavoro”» (R. Buffo, Convegno di Taranto).
Non pensare è non sapere come dare risposte risolutive ai problemi dell’oggi, non sapere come vivere i nostri rapporti con l’altro da noi, con la polis, con la natura nella visione di una ecologia integrale alla Laudato sì’. Pensare invece è prendersi cura dell’essere delle cose, della realtà nel suo insieme. Essa infatti ci chiama a pensarla, ad accoglierla (M. Heidegger). Non pensare è sfruttare le risorse scarse del Pianeta con un approccio meramente economicistico.
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