Amor Fou, la sostenibile pesantezza dell’essere
Il giovane quartetto milanese ha firmato con il concept-album I moralisti uno dei dischi più sostanziosi dell’annata appena conclusa.
Dico subito che il giovane quartetto milanese Amor Fou ha firmato con il concept-album I moralisti uno dei dischi più importanti e sostanziosi dell’annata appena conclusa.
Al pari di gruppi come Baustelle e Afterhours, Raina e soci sono le avanguardie del recupero di certe valenze riflessive che la canzone d’autore aveva mortificato in nome della pura emotività e dell’intimismo fine a sé stesso. E lo fanno raccontando storie e personaggi di un passato (tra gli anni Cinquanta e gli Ottanta) dietro il quale si celano le inquietudini e gli smarrimenti del presente.
Un’opera impegnativa non nei suoni – la cui eleganza modernista è anzi assai più commestibile di quella dei colleghi succitati – ma nei contenuti: perché qui si parla con stupefacente antiretorica di sentimenti e valori basilari, si scandagliano gli oscuri fondali della psiche umana e delle sue pulsioni, laddove si smarriscono o si confondono i confini tra l’io e il noi.
Il perno intorno al quale ruotano le dodici canzoni è il concetto stesso di moralità, tanto più coraggioso in un’epoca in cui la molteplicità di opinioni e comportamenti finiscono con l’annullarne il significato. Gli Amor Fou non giudicano, ma mostrano; sfoderando archetipi che richiamano il Neorealismo (da Petri a Sorrentino) e la poesia dei grandi cantautori del passato (primo tra tutti il De Andrè di Storia di un impiegato).
Un disco di chiaroscuri incredibilmente denso, fatto di sorvoli e improvvisi inabissamenti dove la storia s’interseca con la sociologia, l’etica con la politica. Così ecco l’inquietante De Pedis della Banda della Magliana, le contraddizioni del berlusconismo, ma anche vicende minime che fotografano il rapporto tra genitori e figli, amori sublimati, idealità e fallimenti estremi. «In una società sempre più abbruttita, diseducata e politicamente compromessa – ha affermato Raina – la canzone d’autore deve tornare ad essere un mezzo di lettura e analisi della quotidianità, e non solo relegarsi alla messa in musica più o meno ispirata del proprio mondo interiore»: una piccola rivoluzione dentro un grande album che consigliamo vivamente di non perdere.