Amerò per un anno e poi…

Una professionalità coerente con le proprie convinzioni profonde. Non è facile, ma si può.
«Sono un tipo ribelle. Per indole già da ragazzina ero contraria ad ogni legge, non riconoscevo nessuna autorità, ero tendenzialmente anarchica. Vedevo libertà e autorità contrapposte, perché la regola mi toglieva la libertà, mi opprimeva. Ad un certo punto, invece, i due concetti hanno trovato una direzione unitaria e si sono composti». Si presenta così Laura, alta, occhi castani, impeccabile completo grigio-fumo, entusiasmo e sorriso contagiosi, sguardo riflessivo e profondo. Giovane avvocato, esercita la professione mentre studia per il concorso in magistratura.

 

«Ho scoperto che la più alta libertà la sperimento quando riconosco e mi sottometto alla legge primordiale dell’uomo che è “amare”. Amore e libertà non sono in contraddizione, pur avendo anche l’amore le sue regole, ad esempio “amare tutti”».

L’amore col diritto in effetti sembra averci poco a che fare, ma il filo della vita di Laura aiuta a capire: «Da piccola volevo fare l’interprete di giapponese e russo. Ma non c’erano soldi per fare il Liceo linguistico, per cui ho dovuto frequentare l’Istituto tecnico femminile. Lì, incredibilmente, pur anarchica com’ero, mi sono innamorata del diritto.

«A quei tempi – prosegue –, apparivo all’esterno come la classica brava ragazza; in realtà mantenevo un certo riconoscimento sociale per poter fare praticamente quello che volevo… In quel momento Dio non era un problema, non mi interessava proprio».

 

La scossa arriva dalla migliore amica: «Lei nel suo diario scriveva di Dio. E io pensavo: “È scema! Questa ragazza, che io pur conosco da quindici anni, parla di Dio nella sua vita. Com’è possibile?”. Eppure facciamo le stesse cose. “Perché a lei certe cose risuonano in un modo e a me no?”. A quel punto l’esistenza di Dio è diventata un problema anche per me. È entrata nella mia sfera intellettuale mentre facevo il quarto anno delle superiori. E ho dovuto risolverla. Sapevo benissimo, dal catechismo, che Dio è amore, per cui mi sono detta: per capire se lui esiste o meno, e se esiste realmente nella mia vita, devo amare perché lui ha detto: “A chi mi ama mi manifesterò”. Quindi amerò per un anno, e poi vedremo cosa succede».

 

Una sfida durata un intero anno, segno di forte volontà e… «cocciutaggine». Sorride Laura mentre ricorda: «Incredibile, mi sono innamorata di lui. I concetti e le parole ascoltate tante volte sono diventate sostanza, hanno acquistato spessore. Poi ho iniziato l’università, ma a quel punto non la frequentavo più da ribelle, perchè il diritto poteva aiutarmi a servire meglio il fratello».

 

Subito dopo essersi laureata, Laura partecipa ad una scuola estiva, interdisciplinare e multiculturale, organizzata dall’Istituto superiore di cultura Sophia, ispirata dai Focolari. «È stata l’esperienza più sconvolgente della mia vita, sia dal punto di vista intellettuale che umano. C’era un clima per cui quella verità che tutti cerchiamo, che io cercavo, era ora palese, ovvia. Tutto era logico, non poteva essere diversamente. Come se i vari pezzi di me, intelligenza, cuore, spirito si mettessero finalmente nel giusto rapporto, in armonia. Mi dicevo: ma come ho fatto a non capirlo prima? Le scienze non sono slegate, sono unite tra loro in relazione non casuale, ma d’amore. Per cui il diritto deve relazionarsi in modo onesto, serio, vero, disinteressato con le altre scienze, come per esempio con la medicina. Si comprende questa relazione perché a monte c’è… la Trinità: tutto nell’universo è relazione trinitaria. La logicità di Dio è assolutamente chiara».

 

Questa esperienza dà l’impronta alla vita di Laura, sia personale che professionale. E la magistratura diviene il logico compimento di un percorso: «Certo, lo studio per magistratura è qualcosa di totalizzante. Scuola di autodisciplina, di umiltà, ti consuma quasi».

Il primo tentativo di superare il concorso per magistrati va male; nel frattempo però Laura ha fatto pratica di avvocato, si è iscritta all’albo e può quindi iniziare la professione. «Mi sono subito resa conto che non ero fatta per lavorare da sola. In palestra dove vado per motivi di salute c’era una ragazza, anche lei laureata in giurisprudenza, che era demotivata perchè non le piaceva il modo con cui si fa in genere questo lavoro. Come me aveva la visione dell’avvocato come servizio, del guardare alla persona, dell’aiutare concretamente la gente attraverso le conoscenze giuridiche. Le dissi: “Io non guadagno niente, se non vuoi guadagnare, possiamo lavorare insieme”. Mai avrei pensato che rispondesse di sì. È nata una grande amicizia e una preziosa collaborazione professionale».

 

Non è facile il mestiere di avvocato, specialmente per chi non vuole rinunciare ai propri ideali e si trova a difendere clienti a volte chiaramente colpevoli: «Non c’è solo l’assoluzione o la vittoria completa, ci sono tante sfumature. Per prima cosa bisogna ascoltare le persone che vengono in studio, entrare nel fatto, nel contesto, nella loro vita, vedere le cose dalla loro prospettiva. Poi, noi avvocati abbiamo la nostra prospettiva, l’etica professionale, ma questa viene dopo.

«Prima ascolti la persona e senti fino in fondo cosa ha da dirti – continua –. Poi, prima ancora di entrare in tribunale, hai la possibilità di mettere il tuo cliente di fronte alla verità. L’avvocato ha anche questo ruolo. Se ci sono delle responsabilità, delle colpe, puoi fargliele cogliere, se vuole. E poi hai la libertà di accettare o no la difesa, dicendo con chiarezza quale sarà la linea difensiva». La stessa logica sarà valida anche quando si siederà dall’altra parte del tribunale: «Il magistrato è lui stesso sottoposto alla legge. Quindi non deve giudicare la persona, ma il fatto specifico, senza ergersi a superman, e solo successivamente attribuire la responsabilità di quel fatto, quindi l’eventuale male che ne deriva, a una persona».

Igino Giordani, deputato nell’Italia del dopoguerra, si lamentava di come molti suoi colleghi credenti, appena entrati in Parlamento, appendessero il loro essere cristiani «all’appiccapanni», per riprenderlo poi all’uscita. Laura è avvocato, forse presto magistrato. E non rientra in questa categoria.
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