America Latina: molto più di una pandemia

La crisi Covid-19, sanitaria ed economica, sta mettendo la regione di fronte a sfide alle quali non si è mai risposto. Che stato, che economia, che società? È il momento di essere all’altezza
Mercato del pesce a Pucallpa, in Perù, durante la pandemia. (AP Photo/Rodrigo Abd)

La pandemia sta mettendo l’America latina di fronte a materie che da decenni rimanda a settembre, e molto spesso continua a studiare da ripetente. Affrontare la peggiore crisi sanitaria ed economica del secolo in ordine sparso, ogni governo per conto suo, – o, come accade in Brasile, in modo delirante –, rivela l’inconsistenza delle élite politiche che da 30 anni almeno non hanno saputo cogliere la portata dei cambiamenti che la globalizzazione ha già messo in atto da tempo e, come direbbe Bauman, senza chiede permesso.

Di fronte a tale contesto, sia a destra che a sinistra che al centro, si è convinti che la chiave per rispondere alle grandi sfide sia nel mercato o nello statalismo in modo esclusivo, e sempre seguendo una logica nazionale, che però la realtà si incarica di mostrare nella sua insufficienza.

La crisi ha accentuato questa visione individualista, ciascuno la affronta con le sue sole forze, insieme a una atavica resistenza alla programmazione ed alla previsione, vizio che viene poi letto come la virtù di saper improvvisare tutto in extremis. In molti casi succede di poterlo improvvisare, più o meno bene, in “zona Cesarini”. Ma non è possibile in casi di catastrofi di questa portata.

La situazione del Perù è un esempio paradigmatico. Quasi 32 milioni di abitanti sparsi su 2,3 milioni di km2, con territori ancora vergini, tra l’immensa catena delle Ande e la lussureggiante Amazzonia. C’è voluta la pandemia con più di 640 mila casi positivi (che gli esperti di tutto il mondo moltiplicano sempre per 4 o per 5 e lascio a voi il calcolo) ed oltre 28 mila morti, per elevare gli investimenti nella sanità.

Da anni in Perù si dibatte sul modello economico, se deve essere o no puramente estrattivo delle immense risorse naturali di cui è dotato il Paese e se bisogna lasciar spazio in tutto e per tutto al mercato. In realtà, alcuni fingono di dibattere, mentre strizzano un occhiolino alle grandi compagnie che poi stornano importanti assegni da destinare alle campagne elettorali, come ha mostrato il caso Odebrecht.

La questione è che dibattere senza decidere ha messo la struttura sanitaria nella situazione di dover affrontare la pandemia con personale pagato male e, soprattutto, con 3 mila letti d’ospedale tra pubblici e privati e appena 100 posti in terapia intensiva (con 60 milioni di abitanti in Italia c’erano quasi 200 mila posti letto, rivelatisi insufficienti), successivamente aumentati in fretta e in furia fino a superare i 18 mila posti letto, di cui 1.600 in terapia intensiva.

Uno sforzo encomiabile, e lo è, di un governo che ha ereditato tale situazione. Ma che ha il suo tallone d’Achille nella questione del personale: pur moltiplicando per dieci i posti letto in poco tempo, non si può fare lo stesso medici e paramedici. E i pazienti gravi di Covid-19 hanno bisogno di personale addestrato.

Una strada deserta a Ventanilla, Lima (Perù), durante la pandemia (AP Photo/Rodrigo Abd)
Una strada deserta a Ventanilla, Lima (Perù), durante la pandemia (AP Photo/Rodrigo Abd)

Come si spiega tale situazione in un Paese che ha preso le prime misure di isolamento molto più rapidamente di altri, quando i casi erano ancora pochi e tracciabili? Intanto la strategia di agire per reazione, ha influito notevolmente. Numero di tamponi, numero di laboratori molecolari (da uno agli attuali 35 tra marzo e agosto), residenze sanitarie per i contagiati, tracciabilità (che significa giocare d’anticipo) sono stati il punto debole delle autorità sanitarie che, col tempo, hanno preso dimestichezza – qui come ovunque – con la pandemia. Un poco di autoreferenzialità e di autoelogio per lo sforzo realizzato dall’esecutivo, ma senza apprendere da chi ha fatto prima e meglio. Ancora una volta, agire come se al mondo ci fosse solo la tua realtà.

Anche la realtà sociale ha avuto il suo peso: quasi due lavoratori su tre vivono nell’informalità ed hanno avuto bisogno di andare a guadagnarsi il pane, col risultato di contagiarsi e di contagiare. Anche i sussidi pubblici hanno avuto un effetto contrario: solo il 38% degli adulti ha un conto bancario, pertanto gli assembramenti per ritirare l’aiuto economico hanno moltiplicato i positivi.

D’altra parte, la maggior parte degli alimenti si acquistano in affollati mercati rionali, dove in alcuni casi i 2/3 dei presenti, clienti e commercianti, sono risultati positivi. E mentre la UE riparte 850 miliardi, di cui una parte non restituibile, la comparazione con la regione latinoamericana è drammatica, perché la cifra da suddividere sarà pari a zero.

Qualcuno dirà che non è successo niente è che si è solo esagerato tanto… anche qui “la prostatite” fa dire qualsiasi sciocchezza. Nel frattempo, faranno bene i settori politici e dell’intellettualità a pensare al progetto politico da costruire, che va al di là delle frontiere nazionali. Il continente della speranza, per continuare a sperare ha bisogno di progettare il “che” ed il “come”.

 

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