Ambulanza per l’infarto

Re s p o n s a b i l i t à , preoccupazioni, ansia, giornate scandite da pesanti impegni, ritmo frenetico. Questa la vita di un cinquantenne amministratore di numerosi, troppi condomini. Fino a quando una sera ha avvertito un dolore al torace. “Sarà un dolore reumatico, o il continuo tossire successivo alla recente influenza” ha pensato. E così, preso un antidolorifico, è andato a letto, da dove non si è più rialzato. L’autopsia ha mostrato un infarto di cuore. Quante persone muoiono così? Non ci sono statistiche al riguardo, ma sicuramente sono molte. Sappiamo invece, da un’indagine compiuta dall’associazione italiana dei cardiologi ospedalieri, quante sono le persone che si recano in ritardo di circa un’ora o più dall’insorgenza dei sintomi, ostacolando così l’efficacia dei soccorsi in cui la rapidità è cruciale. Se questo ritardo può essere giustificato dall’insorgenza dei sintomi di notte ed in casa, assolutamente ingiustificato è invece il fatto che la metà di chi va al pronto soccorso vi si reca con la propria auto anziché in ambulanza. Tale comportamento peggiora il rischio di morte dal 7,4 all’11,8 per cento. Su 75 mila infartuati che giungono al pronto soccorso, solo il 50 per cento riceve cure adeguate e tempestive per colpa di ritardi nella decisione di recarvisi o perché vi giunge con mezzi propri. Come evitare di perdere minuti così preziosi per la propria vita? È necessaria e urgente un’educazione sanitaria capillare volta a far conoscere i sintomi caratteristici di un infarto. Una volta acquisite queste conoscenze, sarà più agevole indurre il cittadino a chiamare l’ambulanza. Oggi l’Italia ha unità coronariche adeguate ed aggiornate sulla diagnostica e sulla terapia necessaria, nell’85 per cento dei casi distanti non più di 20 chilometri: si comprende facilmente perciò quanto queste informazioni siano preziose. Il discorso è diverso per le megalopoli strette nella morsa del traffico e della confusione come Roma, dove solo i 2/3 degli infartuati è curato nelle unità coronariche e di queste solo tre (San Camillo, San Filippo, Gemelli) sono completamente attrezzate per eseguire, 24 ore su 24, sia terapie con farmaci, sia interventi di angioplastica interventistica. Le altre esistenti sono incomplete per orario o per tecnologie, ma si spera che lo diventino quanto prima, con estensione al territorio dell’intera regione, come ha dichiarato recentemente l’assessore alla Sanità.

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