Ambientalisti contro il referendum

“Ecologia è buongoverno. Non demagogia”. Riportiamo il contributo che abbiamo chiesto agli Amici della Terra, storica associazione  ambientalista italiana fondata nel 1978
Trivelle

Gli Amici della Terra (associazione ambientalista riconosciuta dal ministero dell’Ambiente, impegnata nella promozione di politiche e comportamenti orientati alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile, ndr) si oppongono a un referendum sbagliato e strumentale anche per affermare che “ecologia è buongoverno” contro un ambientalismo di comodo che preferisce nascondere i problemi dietro facili slogan anziché affrontarli.

 

Il referendum del 17 aprile sui termini di scadenza delle concessioni esistenti per l’estrazione di idrocarburi a mare entro le 12 miglia ripropone in tutta la sua interezza la questione di un ambientalismo ideologico che, attraverso iniziative demagogiche, nella realtà allontana la soluzione dei problemi ambientali e li aggrava. In questo senso, la vicenda del referendum si aggiunge alle molte questioni ambientali ancora aperte in Italia come, ad esempio, quella del deposito delle scorie radioattive o quella della gestione dei rifiuti urbani e speciali, che testimoniano, purtroppo, l’arretratezza di molte amministrazioni pubbliche e la deriva dell’ambientalismo di maniera che appare dominante nella società italiana.

 

Ancora oggi, infatti, i rifiuti radioattivi delle centrali nucleari italiane dismesse da 30 anni o prodotti da altre attività, nel nostro Paese, sono dispersi in sistemazioni precarie e poco sicure. Da molti anni, veti incrociati impediscono la realizzazione di un deposito per collocare in sicurezza queste scorie, e il movimento “ambientalista”, che spesso fornisce alibi a questa vergognosa incapacità di decidere, fa circolare il sommesso suggerimento di esportarle all’estero.

 

Anche la demonizzazione degli impianti di recupero energetico dei rifiuti, urbani e speciali, vero e proprio tabù costruito dall’ambientalismo demagogico, fornisce l’alibi principale al malgoverno del territorio nella maggioranza delle regioni italiane, favorendo un ruolo abnorme delle discariche e alimentando l’esportazione dei rifiuti al di fuori dei confini regionali e nazionali. Questa subcultura, solo apparentemente ambientalista, contamina e condiziona forze politiche di ogni colore facendo prevalere paure e disinformazione nei mass media, nei governi locali e nelle istituzioni, e inibendo politiche ambientali basate sulla responsabilità delle scelte.

 

Il dibattito pubblico sulla scadenza del 17 aprile ripropone alcuni dei peggiori approcci alla questione ambientale. Al contrario di quanto si vuol far credere, entro le 12 miglia dalle coste italiane, la legge vieta nuove “trivelle”. Così, le residue piattaforme attive, un centinaio in tutto, sono diventate il simbolo da colpire nel nome del bene (l’energia pulita) contro il male (l’energia sporca) a prescindere dal loro effettivo impatto ambientale di cui, in anni di esercizio, nessuno si è mai accorto né lamentato. Gravi disastri con sversamenti di idrocarburi si sono si verificati nel Mediterraneo negli ultimi decenni, ma tutti provocati dal traffico di petroliere, quel traffico cioè che aumenterebbe considerevolmente se il referendum No Triv avesse successo.

 

Gli "Amici della Terra" hanno scelto da tempo di resistere alla deriva della demagogia privilegiando l’approccio alla soluzione dei problemi ambientali fondato sulle conoscenze tecnico-scientifiche, sulla corretta informazione del pubblico e sull’assunzione delle responsabilità in nome dell’interesse generale. Fin dagli anni ’80 abbiamo sintetizzato questa visione nello slogan "Ecologia è buongoverno".

 

Nel solco di questa cultura, che non abbiamo mai abbandonato anche quando è apparsa isolata o minoritaria, proponiamo riflessioni complesse, come spesso esige la buona politica, ma non difficili da capire se privilegiamo il buonsenso. Il ruolo delle piattaforme marine e, più in generale, dell’industria estrattiva di idrocarburi in Italia (che i sostenitori del referendum si propongono di azzerare come un inutile retaggio del passato) deve essere correttamente inquadrato nello scenario di lungo periodo delle politiche energetiche e ambientali rispetto sia agli obiettivi di decarbonizzazione che a quelli di tutela della qualità ambientale degli ambienti costieri e marittimi del nostro Paese e del Mediterraneo.

 

In Italia si consumano (consumo interno lordo di energia in base ai dati elaborati dall'Mse nel Bilancio energetico nazione del 2014) circa 170 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtep) all’anno. 120,7 Mtep di combustibili fossili (gas, prodotti petroliferi e carbone) coprono il 71 per cento di questo fabbisogno energetico, mentre il consumo di fonti rinnovabili è di circa 34,7 Mtep pari al al 20,4 per cento del fabbisogno (a consumi di fonti fossili e rinnovabili va aggiunto il saldo netto delle importazioni di 9,6 Mtep di elettricità pari all’8,6 per cento del fabbisogno), un dato che pone l’Italia già all’avanguardia nella penetrazione delle rinnovabili, rispetto agli altri Paesi europei. Nel 2014 la produzione nazionale (estrazione) di gas naturale è stata di circa 5,9 Mtep (l’11,6 per cento del consumo nazionale di gas naturale) e quella di petrolio di circa 5,8 Mtep(il 10,1 per cento del consumo nazionale di petrolio).

 

Nello scenario di conseguimento degli obiettivi climatici europei 2030 Ue gli "Amici della Terra" ritengono prioritaria la crescita dell’efficienza energetica accompagnata da una crescita delle fonti rinnovabili (non solo elettriche) al 30 per cento. Quindi, nella fase di transizione verso un futuro rinnovabile, il grosso dei consumi di energia sarà ancora coperto dai combustibili fossili (70 per cento nel 2030). Se si guarda al conseguimento degli obiettivi di de-carbonizzazione come processo di lungo periodo, emerge con chiarezza il significato della cosiddetta transizione energetica, ovvero alcuni decenni in cui i combustibili fossili avranno ancora un ruolo determinante.

 

L’obiettivo dei sostenitori del "Sì" al referendum del 17 aprile è la cessazione più rapida possibile di qualsiasi attività estrattiva nel nostro Paese con la motivazione che ciò accelererebbe il conseguimento degli obiettivi di de-carbonizzazione. Risulta invece chiaro che la rinuncia all’uso di queste risorse porterebbe solo ad aggravare la dipendenza dall’estero del nostro Paese dal momento che i consumi di idrocarburi saranno ancora prevalenti nel mix dei prossimi 30 anni, anche negli scenari più avanzati di de-carbonizzazione.

 

La produzione di gas e petrolio italiano, praticamente a chilometro zero, è un'opzione sicuramente migliore per l’ambiente locale e globale rispetto a quella degli idrocarburi importati da Paesi lontani. Oltre ad evitare i costi ambientali dei trasporti, l’industria estrattiva nazionale eccelle nelle tecnologie per la prevenzione di danni ambientali e per la sicurezza delle condizioni di lavoro.

 

Inoltre, le concessioni esistenti a mare entro le 12 miglia riguardano prevalentemente l’estrazione di gas naturale, il combustibile fossile a minor intensità di carbonio, importante per la sostenibilità ambientale della transizione energetica verso la de-carbonizzazione. A breve e medio termine, il gas naturale sostituirà il petrolio nel principale aggregato di consumi, quello dei trasporti. Ad esempio, oggi, una priorità vera per la tutela dell’ambiente marino negli ambienti costieri e marini dell’Italia e del Mediterraneo è la conversione a gas naturale liquefatto(Gnl) per le navi che sono alimentate a olio combustibile e che rappresentano una delle peggiori fonti di inquinamento del Mediterraneo. E questo è un impegno concreto per gli "Amici della Terra".

 

Leggi anche:

La posizione di Legambiente, di Giustino Di Domenico http://www.cittanuova.it/c/453172/Referendum_17_aprile_La_posizione_di_Legambiente.html

Cosa è in gioco, di Lorenzo Russo http://www.cittanuova.it/c/453560/Il_referendum_sulle_trivelle_in_mare_Cosa_in_gioco.html

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