Conferenza stampa dei vescovi della regione Nord dell' Amazzonia. Intervista al vescovo Krautler, minacciato di morte per la difesa dell'ambiente e degli ultimi.
Alla fine scappa la domanda banale: cosa possiamo fare di fronte alla vostra denuncia di una situazione di drammatica ingiustizia sociale e devastazione ambientale? E la risposta dell’interlocutore è obbligata e scontata: fate in modo di far sapere, ascoltate il grido del nostro popolo! Ma entrambi ci rendiamo conto di trovarci dentro un mondo assai diverso da quello dove questi appelli riuscivano a muovere la coscienza delle moltitudini e l’azione politica.
E’ una questione che riguarda l’uomo e ogni uomo quella messa in evidenza nella Caritas in Veritate, mostrando l’esito di una mentalità dello sviluppo intrisa di una concezione materiale e meccanicistica della vita umana: «Mentre i poveri del mondo bussano ancora alle porte dell’opulenza, il mondo ricco rischia di non sentire più quei colpi alla sua porta, per una coscienza ormai incapace di riconoscere l’umano».
La conferenza stampa dei 13 vescovi della regione ecclesiastica Nord II dell’Amazzonia in visita dal papa, tenutasi lo scorso 15 aprile,è stata sobria e precisa, citando fatti concreti. Come la questione del progetto di megacentrali idroelettriche dal nefasto impatto ecologico e sociale. Ma anche le notevoli dimensioni della tratta e sfruttamento sessuale dei minori che gode di protezioni di alto livello e contro cui si erge con azione decisa parte della Chiesa cattolica locale, esposta a gravi minacce da parte delle reti malavitose che lucrano su tali traffici.
Pochi mesi addietro, una delegazione dei popoli indigeni della regione ha compiuto un tour nelle capitali del Vecchio continente, e nella sede stessa del Parlamento europeo, chiedendo azioni efficaci a livello internazionale per contrastare la devastazione delle grandi opere in progetto. Ma senza successo.
Bussano alla porta, ma non si riesce a sentire. Forse per un attimo di visibilità sull’Amazzonia può venir in soccorso una celebrità come Sting o gli autori del colossal Avatar, ma rimaniamo sempre dentro la "società dello spettacolo" che produce anestesia e indifferenza. Non si tratta di fare una cena o una partita di beneficienza, aderire a qualche campagna on line o mandare un’offerta via sms. Tutte cose che rimangono assai «carine».
Ormai da decenni sappiamo tutto sulla devastazione della foresta amazzonica, nostra ultima riserva mondiale di ossigeno, del genocidio delle popolazioni autoctone. Si conoscono i nomi e le alleanze delle multinazionali coinvolte nel mercato della carne, nell’agrobusiness, nel legname e in tutte le ricchezze depredate da ciò che rimane, ancora per poco, patrimonio per l’umanità intera.
Non saremo mai abbastanza grati alla testimonianza credibile della Chiesa cattolica brasiliana, alla sua pastorale della terra, ai suoi martiri poco conosciuti. Magari sono anche figli di quell’Italia da cui sono partiti tanti giovani missionari come il comboniano Ezechiele Ramin trucidato nel 1985 da alcuni latifondisti, o come Salvatore Deiana, saveriano, classe 1956, rimasto vittima di uno “strano” incidente automobilistico nel 1987 quando con il suo vescovo Erwin Krautler, stava andando a celebrare messa per un gruppo di contadini in lotta davanti ad una sede governativa.
Ed ecco che, nel 2010, è cambiato, da tempo, il governo brasiliano; ma mons. Krautler, ancora vescovo di Xingu e presidente del Consiglio indigenista missionario, continua a denunciare come «aggressione senza precedenti» un progetto di insediamento di una gigantesca centrale idroelettrica a Belo Monte che allagherà parte della città di Altamira, estromettendo 20 mila persone dalle loro abitazioni senza una soluzione preordinata se non il prevedibile caos sociale e una conseguente catastrofe ambientale dalle proporzioni inimmaginabili. Una grande opera, propagandata come necessaria, che impone di deviare il corso del fiume Xingu finendo per eliminare la principale fonte di sopravvivenza per la popolazione locale.
Secondo alcuni non è altro che il vecchio progetto della dittatura militare che trova compimento, in continuità con un concetto di crescita pericoloso e obsoleto che sembra fatto proprio dal governativo Programma di accelerazione della crescita (PAC).
I vescovi della regione Nord II sono, tuttavia, molto attenti a prendere le distanze da ogni professione di decrescita. Si dichiarano a favore di uno sviluppo e un progresso che vada, tuttavia, a beneficio di tutti. Non ci stanno insomma ad essere classificati come oscurantisti o ambientalisti estremi da irridere, secondo uno stereotipo ormai diffuso. Ma sono intransigenti nel tener ferma la priorità del bene comune, ricercando sempre il dialogo.
Solo un anno fa il presidente Lula aveva assicurato che mai avrebbe dato il via libera all’operazione senza il coinvolgimento della popolazione interessata. E invece le ruspe sono ormai alle porte per l’inondazione della foresta e la creazione di un lago artificiale dalle dimensioni di 516 km2, che richiederà l’impiego di 80 mila addetti.
Nel frattempo sul vescovo di Xingu si fanno sentire più forti le minacce di morte. Tra l’altro ha denunciato casi di orribili abusi sessuali perpetrati contro minorenni con la copertura di personaggi altolocati e insospettabili. Esiste tanto di taglia da migliaia di euro fatta circolare pubblicamente, mentre una sottoscrizione popolare di solidarietà in suo favore sta girando per il Brasile e non solo.
Dom Krautler, quindi la questione delle dighe non è affatto un problema locale.
Il problema dell’Amazzonia è un problema mondiale per i ben noti effetti climatici e per il coinvolgimento degli interessi di grandi imprese transazionali. Non si può condannare il Brasile per le centrali idroelettriche in Amazzonia, senza considerare che si tratta di un progetto assurdo dal punto di vista economico in cui guadagnano solo le imprese interessate, a cominciare da quelle del settore estrattivo e minerario.
Ma è possibile considerare l’ambiente senza l’uomo?
Infatti, quello che poniamo in evidenza è un problema sociale. Il centro della nostra preoccupazione deve rimanere la persona umana. Dobbiamo chiederci: quale è il soggetto della storia? Ci sono popoli indigeni sulle rive del fiume che vengono estromessi dal loro habitat secolare. Non sono le persone, e le famiglie che vivono in quell’aerea, che sono centrali nel progetto. Non esiste alcuna preoccupazione per i loro figli, per il loro futuro. Purtroppo il governo mostra di non accettare il dialogo.
Durante la conferenza stampa ha aggiornato sul processo in corso contro gli assassini di suor Dorothy Stang, la religiosa di origini statunitensi che operava nella sua diocesi, uccisa nel 2005 per la sua azione a difesa dell’ambiente e degli agricoltori più poveri.
Sanno tutti chi sono i mandanti e gli esecutori materiali dell’omicidio, ma solo alcuni sono sotto processo. Ho detto che l’uccisione è stata programmata cominciando dalla denigrazione e arrivando fino all’assassinio. Nella testimonianza della religiosa c’è tutta quella radicalità evangelica che è il patrimonio di fede di molti che continuano l’impegno in difesa dell’Amazzonia, degli ultimi e degli esclusi. Anche se devo notate che alcuni politici, a suo tempo sostenitori delle opere di Dorothy, adesso si trovano su posizioni completamente opposte.
Quali azioni possono rivelarsi necessarie in questo momento ?
Avete visto che i rappresentanti delle comunità indigene sono venuti in Europa, ma non hanno ottenuto risultati; stampa e tv non ne hanno dato notizia. Ascoltate, invece, e date voce a questo grido.
Lei auspica che si faccia pressione sulle imprese coinvolte?
C’è un evidente problema di sovranità su chi decide davvero sul destino della foresta amazzonica.