Amato e i contenuti degli otto referendum

Degli otto referendum presentati al vaglio della Corte Costituzionale, solo cinque sono stati approvati. La bocciatura di quelli sull'eutanasia e sulla cannabis hanno fatto molto discutere con accuse, anche pesanti, sull'operato del presidente Giuliano Amato, che in conferenza stampa ha voluto precisare le motivazioni alla base delle sentenze.
Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Degli otto quesiti referendari, sei dei quali di natura giudiziaria, sottoposti al vaglio della Corte Costituzionale, solo cinque sono stati approvati. La bocciatura dei referendum sull’eutanasia e sulla cannabis hanno suscitato diverse polemiche. Giuliano Amato, presidente della Corte, in conferenza stampa, ha giustificato le scelte che sono state fatte.

La decisione sull’eutanasia
Il comitato promotore voleva introdurre l’eutanasia legale, secondo le regole vigenti sul fine vita, attraverso la depenalizzazione parziale dell’omicidio del consenziente. Il neo-presidente Amato ha deciso di spiegare la sentenza «perchè leggere o sentire che chi ha preso ieri (l’altro ieri ndr) la decisione sull’eutanasia non sa cosa sia la sofferenza mi ha ferito». «Il referendum proposto – ha spiegato Amato – era sull’omicidio del consenziente, che sarebbe stato lecito in casi ben più numerosi e diversi dall’eutanasia». Amato ha poi voluto specificare che la Corte non avrebbe potuto cambiare il quesito referendario, ma poteva solo esprimersi sulla sua ammissibilità. Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni e tra i promotori del referendum, ha voluto sottolineare come la decisione di Amato fosse in realtà politica. «Cappato ha avuto la sua assoluzione nel caso “Cappato – dj Fabo” anche grazie a questa Corte», ha risposto Amato.

La conferenza stampa Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

La decisione sulla Cannabis
Presentato con oltre 630mila firme, di cui la metà di cittadini sotto i 30 anni, con il referendum si chiedeva la depenalizzazione per la coltivazione e l’uso personale della droga leggera. «Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero e coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare gli obblighi internazionali». Amato ha poi aggiunto come il quesito referendario fosse articolato in tre sottoquesiti e ci fosse un vizio di forma. «Il primo quesito, relativo all’articolo 73 comma 1 della legge sulla droga, prevede la cancellazione tra le attività penalmente punite della coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, quelle che includono il papavero e la coca, ma la cannabis è alla tabella 2».

La decisione sulla responsabilità civile dei magistrati
Tra i 6 referendum sulla Giustizia, è stato bocciato quello sulla responsabilità civile diretta dei magistrati perchè «essendo sempre stata la regola per i magistrati quella della responsabilità indiretta, ovvero si cita lo Stato e poi c’è la rivalsa sul magistrato, l’introduzione della responsabilità diretta rende il referendum più che abrogativo, innovativo».

Legge Severino
Veniamo ai referendum approvati. La legge Severino prevede la decadenza o l’incandidabilità di chi ha avuto una condanna definitiva per una serie di reati gravi contro la pubblica amministrazione. Il punto sul quale è stata attaccata è il regime più rigoroso previsto per gli eletti e gli amministratori locali, che vengono dichiarati decaduti o ineleggibili anche in caso di condanna di primo grado. Nel caso di vittoria del “sì” tornerebbe a vigere la legislazione precedente sulla base della quale l’interdizione dai pubblici uffici è una pena accessoria decisa eventualmente dal giudice.

Separazione delle carriere
Secondo l’ordinamento italiano, pm e giudici, condividono la stessa carriera e si distinguono solo per le funzioni. Il quesito chiede di rendere definitiva la scelta, all’inizio della carriera, dell’una o dell’altra funzione. Un referendum sulla “separazione delle carriere”, poi cambiato dalla Corte in “separazione delle funzioni”, era già stato proposto nel 2000, ma non era passato per mancato raggiungimento del quorum.

Marco Cappato Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Custodia cautelare
Il referendum mira a limitare i casi in cui è possibile disporre della custodia cautelare, cioè la detenzione di un indagato o imputato prima della sentenza definitiva. Se passasse il quesito rimarrebbe possibile applicare questa misura cautelare solo nei casi di rischio di fuga, inquinamento della prova e rischio di commettere un reato grave «con uso di armi da fuoco e altri mezzi di violenza personale».

Csm
Il quarto quesito va a modificare le norme che regolano l’elezione della componente togata del Consiglio superiore della magistratura. Si richiede la cancellazione dell’obbligo di 25 firme di magistrati per proporre una candidatura. Per questa via i promotori hanno immaginato di limitare il peso delle correnti interne al Csm. Questo quesito va a toccare una materia che è adesso compresa negli emendamenti della ministra Cartabia arrivati alla Camera dei deputati: la nuova proposta di riforma prevede le candidature individuali, senza necessità di alcuna firma, e cambia la legge elettorale per il Csm.

Valutazione sulla professionalità dei magistrati
Questo quesito prevede un doppio intervento abrogativo su una legge del 2006 e punta a consentire la piena partecipazione degli avvocati alle decisioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari regionali. Gli avvocati potrebbero così valutare la professionalità dei pm e dei giudici. Anche questo referendum va a toccare una materia trattata dalla riforma dell’ordinamento giudiziario proposta dalla Cartabia, secondo la quale gli avvocati potranno esprimere il loro voto nei Consigli giudiziari, ma non a titolo personale, bensì riportando la valutazione che il consiglio territoriale degli avvocati ha eventualmente già espresso.

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