Alvaro Soler, l’estate perenne

Il suo La cintura è stato uno dei tormentoni di quest’estate appena archiviata. Un’estate al solito intrisa di latinismi da supermercato, ritmi ballabili e canzonette intriganti nella forma quanto inconsistenti nei contenuti.

È stata un’estate come mille altre, almeno per la musica. Qualche nome nuovo da tener d’occhio – vedi Baby K e la sua Da zero a cento, Irana con Nera, l’accoppiata Takagi & Ketra con l’onnipresente Amore e Capoeira; qualche conferma come Thegiornalisti e l’accoppiata J-Ax e Fedez, i soliti divi del pop globalizzato tipo Maroon 5, e gli aficionados del pop balneare, primo fra tutti l’ancor giovane Alvaro Soler, per l’appunto.

In un’estate che ha segnato un sostanziale strapotere del pop made in Italy sulle produzioni straniere, Soler è l’eccezione che ha confermato il trend, anche se fra lui e l’Italia c’è ormai un feeling speciale.

Spagnolo di Barcellona, classe 1991, Soler ha la faccia da eterno bravo ragazzo, quella del genero che tutte le madri vorrebbero, e un’anima cosmpopolita frutto anche delle sue radici: padre tedesco, madre mezza spagnola e mezza belga, una lunga permanenza da ragazzino a Tokyo. Qui in Italia e in buona parte d’Europa abbiamo imparato a conoscerlo nel 2015 con il boom de El mismo sol, e il nostro Paese, da sempre ammaliato dall’esotico, non ha faticato ad adottarlo. Una popolarità ulteriormente incrementata con la partecipazione in qualità di giudice all’X Factor del 2016 e di super ospite al Sanremo dello scorso anno.

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La cintura apre il suo ultimo album, Mar de colores in uscita in questi giorni, il secondo della sua discografia e destinato a non aggiungere granché al suo stile: ritmi a mezza via fra il flamenco e il caraibico latineggiante, melodie facili facili, testi fatti a misura del proprio pubblico, o meglio, del motivo per cui si va a un suo concerto o si ascoltano le sue canzoni: divertirsi. Alvaro lo sa bene e costruisce i suoi congegni sonori calibrando estroversione solari a qualche sentimentalismo vagamente malinconico o simil-etnico: roba ballabile in spiaggia o da ascoltare rilassandosi a bordo piscina.

M’è capitato di vederlo in azione quest’estate in quel di Rimini, e devo dire che “lo spettacolo” era soprattutto sotto il palco, fra ragazzine estatiche e nonne ancheggianti, padri coi figlioletti sulle spalle e anziani scatenati più dei ventenni. Ecco, Mar de colores servirà soprattutto a quanti vorranno riesumare un po’ d’estate fra i sospiri ingrugniti dell’autunno.

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