Alti e bassi nel festival

Tappeto rosso, a Roma, per Clive Owen e Richard Gere, ma film non eccelsi. Da non perdere assolutamente, invece, Gone girl di David Fincher
Gone girl

Passano Clive Owen e Richard Gere ed è tappeto rosso, sicuramente. Due star, per la gioia delle gente che affolla il Parco del festival. Se Owen è apprezzabile nel serial di Soderbergh The Knick, purtroppo Gere, nei panni di un barbone di New York – ma dalla barba ben curata – in Time Out of Mind non riesce a commuovere, c’è sempre sotto American Gigolo.

Ed anche il nostro Gianni De Gregorio nella sua terza puntata dei film sulla “sua” Roma, cioè Buoni a nulla, si perde dopo un inizio promettente a raccontare il quotidiano impiegatizio della capitale, sfilacciando scene e personaggi e chiudendo un po’ in sordina un ritratto di personaggi reali, certo, ma alla fin fine sfocati. Un po’ come I milionari di Alessandro Piva, ennesima storia di mala meridionale (ma i nostri registi battono sempre sul medesimo tasto… perché mai?).

Non parliamo di Lulu dell’argentino Luis Ortega, 34 anni, che rifà il verso a Pasolini e a tanto cinema “periferico” già visto, raccontando di due ragazzi autoemarginati – lui e lei – che vivono in strada una vita assurda. Il cinema argentino giovane può offrire ben altri prodotti…

Meno male che ci salva un regista che non perde un colpo come David Fincher. Il suo Gone girl (L’amore bugiardo) vede un Ben Affleck attore perfetto nell’impersonare lo scrittore ingannato dall’intelligente moglie Amy. Un trhiller psicologico mozzafiato che per oltre due ore non perde tempo in descrizioni inutili, ma spia la psiche dei personaggi, le implicazioni mediatiche – l’uomo è presentato come un assassino e subito dopo come un innocente maritino –, e l’inganno che si cela o si può celare dentro ogni rapporto. Questa pare l’anima del film, uno dei migliori finora apparsi a Roma, da recuperare per chi l’avesse perso, e – occhio al pubblico – candidato in corsa al premio.

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