Alternativa bolivariana per le Americhe

C’è stata una stagione, durata troppo a lungo (tutti gli anni Novanta), durante la quale sembrava che l’America Latina fosse scomparsa dalla mappa politica del mondo. C’è voluto un nuovo scossone per richiamare l’attenzione delle potenze occidentali sul continente riemerso. Con la vittoria di Lula da Silva in Brasile, e le successive controverse affermazioni di Chavez in Venezuela e di Ivo Morales in Bolivia, il continente ha di nuovo superato la soglia di attenzione sullo scenario mondiale. Gli Stati Uniti, in particolare, dopo iniziali incertezze, sembrano cominciare ad interpretare l’evoluzione politica in atto nel continente con crescente inquietudine. Nel caso di Chavez, si tratta della sostenibilità nel tempo di un progetto neo-populista che rischia di far esplodere forti tensioni quando inevitabilmente si constaterà la sua impraticabilità economica. Da parte loro, gli Stati Uniti stanno decisamente commettendo, in piccolo, lo stesso errore compiuto con Fidel Castro, e cioè ingrandirne la statura politica fino al punto di farne nemici pubblici numero uno. Recentemente, l’Amministrazione americana ha elevato il livello della polemica con Chavez, ponendo il Venezuela nella lista dei cattivi, cioè tra gli stati che non collaborano nella lotta al terrorismo internazionale. E questo per aver intessuto rapporti con l’Iran di Ahmadinejad. L’argomento sembra tirato per i capelli, e fatto apposta per provocare una nuova reazione di Chavez, che nutre la sua carriera politica proprio degli anatemi scagliatigli dall’unica grande potenza egemone. Chavez, da parte sua, ha stretto rapporti con Castro, ed insieme i due leader hanno lanciato la cosiddetta Alternativa bolivariana per le Americhe (Alba), come rifiuto del modello di economia liberista proposto da Washington attraverso gli accordi di libero scambio.Ma gli Stati Uniti sono preoccupati anche della piega che le cose stanno prendendo proprio in Bolivia. Qui la situazione è del tutto diversa da quella che si registra in Venezuela, e si basa sulla giusta rivendicazione, posta da Morales, della sovranità sulle risorse energetiche naturali, il che però non implica che la popolazione ne tragga automaticamente beneficio. E riemergono anche rivalità intra-continentali: come tra Venezuela e Messico, o come tra Brasile ed Argentina sull’assegnazione (peraltro di là da venire) di un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad un Paese latino-americano. Il sogno di Simon Bolivar era quello di un continente unito, non un progetto fondato sulla contrapposizione. Questo deve valere per tutti, dall’Alaska alla Terra del Fuoco: l’America è una.

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