Alterità ospitale. Per una ri-approssimazione all’Europa
Le analisi sullo stato attuale dell’Unione Europea convergono tutte nella direzione di una sottolineatura del “momento sovranista” che caratterizzerebbe questa fase dell’integrazione. In realtà, la preminenza degli interessi nazionali rispetto al quadro comune europeo ha costituito la spina nel fianco della costruzione dell’Unione sin dai primi passi del progetto. Oggi, tuttavia, nuove dinamiche sono in corso. In primo luogo, riappaiono in Europa antiche linee di faglia (nord/sud, Est/Ovest), in una sorta di introversione polarizzata. Assistiamo non ad una recessione democratica in senso stretto (dissoluzione delle democrazie), ma ad un più sottile processo di declino democratico (svuotamento delle democrazie). Verso l’esterno, l’Europa è bloccata in una sindrome di “estroversione reticente”, che non riesce a trasformare la politica di vicinato (con il Mediterraneo, ad esempio) in una autentica politica di vicinanza. Infine, si assiste ad una “secessione implicita” e non dichiarata dei cittadini europei; il distacco riguarda non tanto le istituzioni, quanto le politiche, percepite non solo come inadeguate, ma talvolta persino ostili. In definitiva, la cifra della crisi europea non sta nella pur evidente incapacità di accogliere (gli immigrati, i rifugiati, gli esclusi), quanto nell’aver “disimparato” persino la virtù dell’ospitare e dell’ospitarsi reciproco. La vicenda politica dell’Europa contemporanea potrebbe essere narrata interamente a partire da una prospettiva xenopolitica, dal rigetto o dalla ricerca di questa ri-approssimazione.